Lucretia Estensis de Borgia. Tra biografia e narrazione nelle carte dell'Archivio di Stato di Modena

Carri e Bonaccioli: due medici di Lucrezia alla corte estense

Ludovico Carri (Ludovicus Carrus), nacque nella seconda metà del XV secolo da Bartolomeo, forse a Ferrara. Iniziò ad insegnare medicina molto giovane nello Studio generale ferrarese con un salario piuttosto umile, successivamente entrò a far parte della corte estense, diventando medico ducale del Duca Ercole I d’Este e ottenendo prestigio in ambito accademico e professionale. Fu riformatore dello Studio generale di Ferrara (1491) nonché medico di quattro dei figli di Ercole I ed Eleonora d’Aragona: Isabella, Beatrice, Sigismondo e Alfonso. Inoltre, fu il medico di Lucrezia Borgia durante il periodo della prima gravidanza a Ferrara, stilando un accurato bollettino sanitario con cui riferisce informazioni sull’andamento della gestazione ad Ercole I. La sua opera maggiore è il poemetto encomiastico Divi Herculi L. C. amoris et ingeniorum exercitationis causa, in onore del duca Ercole I d’Este.

Ludovico Bonaccioli (Ludovicus Bonaciolus) nacque a Ferrara nella seconda metà del XV secolo, figlio di Nicolino Bonaccioli, consigliere personale di Ercole I d’Este, medico e lettore di filosofia. Divenuto allievo di Nicolò Leoniceno, nel 1491 cominciò ad insegnare filosofia e medicina presso lo Studio generale di Ferrara. L’arrivo di Lucrezia Borgia a Ferrara nel 1502 fu fondamentale per la sua carriera poiché, grazie all’aiuto del padre, riuscì ad inserirsi nella corte degli Este come medico personale della futura duchessa di Ferrara e sposare una delle sue dame di compagnia, Ieronima, dalla quale non ebbe figli.

Tra il 1502 e il 1503 pubblica la sua unica opera a stampa Enneas muliebris dedicata «ad Divam Lucretiam Borgiam Ferrariae Ducissam». L’opera, divisa in nove capitoli, rappresenta un manuale di ostetricia e ginecologia in cui vengono studiate le parti anatomiche degli organi genitali femminili e le modalità sia della fecondazione, sia della formazione dell’embrione e del feto. Nell’estate del 1505 accompagnò Lucrezia Borgia in un soggiorno prima a Modena poi a Reggio Emilia, a causa della peste che aveva colpito la città di Ferrara. Continuò ad essere presente alle gravidanze e alle malattie di Lucrezia Borgia fino alla morte della duchessa, il 24 giugno 1519. In seguito, divenne riformatore dello Studio generale ferrarese (1529), collega di Giovanni Manardo, nonché maestro di Antonio Musa Brasavola e Celio Calcagnini. Nel 1533 Bonaccioli era nella cerchia di medici che assistettero Ludovico Ariosto nella sua ultima malattia a Ferrara.

Leonardo Marchionni

 

 

Nell’agosto del 1502, a causa di una febbre che rende indisposti la maggior parte dei medici di corte, Francesco Castelli, medico personale del duca Ercole, viene incaricato di occuparsi delle cure della futura duchessa consorte, Lucrezia Borgia d’Este. Lucrezia è tormentata da picchi di febbre terzana che non le danno tregua, e a questo stato di angoscia si aggiunge il triste esito di una gravidanza, per cui la duchessa, nella notte del 5 settembre 1502, prematuramente partorisce una bambina che non vedrà mai la luce. Con la lettera indirizzata al suocero di Lucrezia e duca, Ercole I, Castelli ci offre non un semplice resoconto dell’accaduto, ma uno sguardo ravvicinato a una dimensione intima e confidenziale del rapporto coniugale tra Lucrezia e Alfonso, rendendoci partecipi di uno scorcio affettivo che diversamente non avremmo avuto modo di conoscere.

Nella prima lettera (doc. 53), scritta il giorno successivo al parto, Castelli informa il duca che, nonostante una breve ripresa dopo il parto, Lucrezia ha avuto il quarto picco di febbre terzana; la donna chiede informazioni sullo stato di salute della bambina appena partorita e il medico, nel vederla così apprensiva e premurosa, non la mette al corrente della morte della neonata. Castelli resta ammirato dall’amore che Alfonso dimostra alla consorte nel provvedere a tutto il necessario perché guarisca presto.

Francesca Speranza

 

 

La vividezza del racconto di Francesco Castelli, dettagliato nei minimi particolari, lascia trasparire anche il proprio coinvolgimento in questa circostanza, per cui il medico stesso, in uno slancio di empatia nei confronti della duchessa, la tiene temporaneamente all’oscuro dell’amara realtà dei fatti, confermando l’importanza del ruolo del medico di corte e nel caso specifico del Castelli, di un temperamento, di una prontezza e di una sensibilità peculiari della sua persona. Il medico, inoltre, deve rappresentare un modello di equilibrio e fornire precetti validi a condurre uno stile di vita lontano dagli eccessi, soprattutto dagli eccessi dello sfarzo e dell’abbondanza dell’ambiente di corte. Il medico di corte però deve essere in grado di trovare il giusto compromesso tra questo proposito e il fatto di dover gestire pur sempre dei superiori, duchi, principi e membri della famiglia. Nella seconda lettera (doc. 54), considerate le sofferenze scaturite dalla febbre continua e dall’aborto, Castelli asseconda e perdona a Lucrezia l’abbandonarsi a qualche vizio di gola e lascia che si conceda alle coccole di prelibatezze procurate appositamente per le sue richieste. In una lettera del 12 ottobre 1502, infine, Castelli risponde ancora dall’accusa di essere complice del trasferimento di Lucrezia al monastero; la propria difesa diviene pretesto per manifestare, senza peli sulla lingua ma pur sempre con il rispetto dovuto al suo illustre destinatario, la propria indignazione per la considerazione generale di cui gode l’operato dei medici.

Francesca Speranza