Lucretia Estensis de Borgia. Tra biografia e narrazione nelle carte dell'Archivio di Stato di Modena

La delizia di Belriguardo

 

Uno dei palazzi extraurbani in cui Lucrezia e la sua corte amavano soggiornare fu la delizia di Belriguardo, edificata dall’ingegnere Giovanni da Siena fra il 1435 e il 1440 per volere del marchese Niccolò III, probabilmente in occasione delle nozze del figlio Leonello con Margherita Gonzaga, in un luogo già antica castalderia della casa d’Este scelto per il suo legame storico con il sito dell’antica Voghenza romana. Con analoghi intenti antiquari, il progetto si colloca come primo esempio di villa all’antica del Rinascimento italiano, impostato sul disegno della domus greca vitruviana. Dopo Schifanoia e Belfiore, più legate al contesto urbano ferrarese, la delizia di Belriguardo nacque come prima residenza di campagna in cui lo stretto legame col paesaggio circostante risulta implicito nel suo stesso nome, luogo di otium, svago e caccia, a cui si accedeva da un lungo e scenografico viale prospettico alberato. Un perfetto orientamento est/ovest grazie al quale, nel giorno del solstizio d’estate, era possibile ammirare il sorgere del sole nell’arco della torre di accesso, ed una rigorosa simmetria e assialità caratterizzavano il disegno del palazzo, articolato intorno a due corti interne a peristilio, la prima con colonne in cotto, la seconda con colonne marmoree. A Leonello, che qui morì nel 1450, si devono certamente ulteriori interventi costruttivi ispirati alle fonti letterarie circolanti all’interno dell’erudito ambiente umanistico ferrarese, in particolare legate ai suoi rapporti con Leon Battista Alberti, e agli studi pliniani del suo maestro Guarino da Verona.

Anche il fratello Borso provvide ad un ampliamento della delizia, divenuta edificio di rappresentanza per eccellenza della corte Estense, dove nel 1452 fu ospitato in grande pompa l’imperatore Federico III durante il suo viaggio in Italia per ricevere dal Papa la corona imperiale, e che proprio nel maggio di quell’anno concesse a Borso l’investitura a duca di Modena e Reggio. Nell’anno successivo venne aperto un nuovo canale navigabile lungo il fiume Sandalo, affluente del Po, per poter più agevolmente raggiungere la delizia da Ferrara lungo le vie d’acqua. Fu progettata in quel periodo anche l’ampia peschiera situata lungo il fronte orientale del palazzo, dove i duchi e i loro ospiti amavano pescare o rinfrescarsi nei caldi mesi estivi, utilizzata anche per spettacolari naumachie a cui si poteva assistere dal terrazzo nel corpo di fabbrica antistante, e che fu collegata alla villa da un ponte merlato su entrambi i lati su cui spiccavano le insegne araldiche estensi, nuovo, monumentale ingresso alla delizia. Le acque del Sandalo alimentavano anche i canali dei magnifici giardini della villa, percorsi da piccoli ponti, vasche e corsi d’acqua, circoscritti da mura come gli antichi broli e con parterre dalle ricche variazioni geometriche, fra cui spiccavano anche due labirinti e il giardino segreto della naranzara (aranceto) fatta realizzare dal duca Ercole I. All’esterno, il paesaggio che si poteva ammirare a perdita d’occhio dalle logge del primo piano offriva una teoria di rigogliosi vigneti, campi e boschi, mulini e un rialzo artificiale (il Monte Santo) originatosi forse con i terreni di risulta dei lavori di costruzione della fabbrica, che movimentava l’orizzonte tipico della campagna ferrarese, costituendo una particolare zona di caccia per il duca e la sua corte. Questo panorama esterno trovava un elegante contrappunto negli affreschi interni, fra cui l’unico elemento giunto ai giorni nostri è la Sala delle Vigne, realizzata dai pittori Dosso e Battista Dossi, Girolamo da Carpi, Garofalo e altri, in cui un’architettura dipinta sorretta da cariatidi fa da cornice, su tutti e quattro i lati, a luminose aperture paesaggistiche.

Come ricorda Giovanni Sabadino degli Arienti nel suo De triumphis religionis, il duca Ercole I aveva investito uno monte d’oro per accrescere con ogni prestantia e splendido ornamento quel palazzo già magnificentissimo e celebre per la sua bellecia. In particolare, in base a un programma iconografico concordato con lo stesso duca, che amava trattenersi spesso a Belriguardo per sovrintendere ai lavori, vennero commissionate la cappella ottagonale a cupola dipinta da Cosmè Tura e gli affreschi di diversi ambienti al primo piano, fra cui la Sala di Psiche realizzata da Ercole de’ Roberti.

All’epoca in cui Lucrezia vi soggiornò, quindi, la delizia di Belriguardo era certamente in un momento di massimo splendore, fra le più eleganti e magnifiche residenze di corte dell’Italia settentrionale, con sale tanto ampie che vi si poteva praticare il gioco della palla, bagni completamente rivestiti in marmo, numerosissimi ambienti per accogliere la corte e i loro ospiti e in cui organizzare feste e sontuosi banchetti.

La delizia continuò ad essere utilizzata come sede estiva della corte estense per tutto il XVI secolo, e dai documenti sono attestati nuovi interventi e migliorie commissionati anche dai duchi Ercole II e Alfonso II. In seguito alla devoluzione di Ferrara allo Stato Pontificio nel 1598 Belrigurado, che pure rimase di proprietà della Casa d’Este, subì un rapido abbandono, venendo prevalentemente utilizzato per usi agricoli, con alienazioni e abbattimenti di larga parte dei suoi ambienti, tanto che oggi, purtroppo, molto è andato perso del suo antico splendore rinascimentale.

Annalisa Sabattini