Lucretia Estensis de Borgia. Tra biografia e narrazione nelle carte dell'Archivio di Stato di Modena
Gli inventari del guardaroba e delle gioie
L’Archivio di Stato di Modena conserva, oltre alle numerose lettere ricevute e inviate da Lucrezia, anche importanti attestazioni relative al suo patrimonio, tra cui spiccano due preziosi inventari di beni.
Il primo (doc. 27), risalente agli anni 1502-1504, è una lunga e densa elencazione del Guardaroba di Lucrezia: abiti, giacche, sottane, mantelli, scarpe, guanti e ventagli, biancheria da letto e da tavola, stoffe, stoviglie e tazze, suppellettili e oggetti di devozione. Si tratta verosimilmente del corredo dotale che la giovane sposa, una vera principessa del Rinascimento, portò con sé a Ferrara dalla corte papale, dimostrazione tangibile della ricchezza e della potenza della famiglia di origine. I Borgia godevano di un vasto patrimonio famigliare, anche prima che Rodrigo salisse al soglio pontificio come Alessandro VI, e furono noti e fini committenti per artisti e artigiani dell’epoca: non solo pittori, come il celebre Pinturicchio ingaggiato per dipingere gli appartamenti borgiani nel complesso vaticano, ma anche orafi, tessitori e sarti che certamente realizzarono il lussuoso guardaroba di Lucrezia.
Gli abiti descritti raccontano i gusti della giovane donna, non sempre allineati alle tendenze del tempo, ma certo inclini a una eleganza sfarzosa e raffinata, come attestano le fogge e i tessuti utilizzati (velluto, seta, broccato, taffetà), riccamente ornati da decorazioni spesso eseguite a filo d’oro e arricchiti di pietre preziose. Fra le quasi settanta paia di scarpe, invece, almeno la metà richiamano la moda spagnola, a cui la Borgia doveva certo guardare con interesse, anche in virtù delle sue nobili origini iberiche.
Lucrezia, che per la sua bellezza e ricercatezza estetica doveva bene incarnare le aspettative della corte, si premurò di portare con sé anche un ricco corredo di oggetti devozionali, testimonianza materiale della pietas e della fede profonda che sarebbero divenuti la cifra personale di Lucrezia in questa nuova fase della sua vita. Si contano dodici croci in cristallo, reliquari, calici, teche eucaristiche che avrebbero arredato la sua cappella privata.
Negli anni successivi al suo insediamento a palazzo, vennero di certo stilati altri inventari e registri delle rendite e delle spese personali della duchessa, come il registro delle Gioie (doc. 28), redatto tra il 1516 e il 1519, in cui figurano brevi ma rappresentative descrizioni dei preziosi nelle immediate disponibilità di Lucrezia. Nell'inventario leggiamo di collane, bracciali, diademi, anelli ornati da scintillanti diamanti, candide perle e pietre preziose, ma anche Paci, rosari e pendenti con l'immagine di Cristo, anche in questo caso oggetti legati al culto e al forte sentimento religioso che caratterizzava la vita di Lucrezia. Un vero e proprio patrimonio monetizzabile e utilizzabile anche per il pagamento di debiti, l’acquisto di beni o la realizzazione di importanti bonifiche nei territori del Ducato. Una ricchezza personale che spesso venne utilizzata anche a sostegno delle necessità della famiglia e dello Stato, come nel 1517, quando Lucrezia, per il tramite del marito Alfonso, fece in modo di impegnare parte dei suoi averi per contribuire alla fortificazione della città di Ferrara.
Lorenza Iannacci