Lucretia Estensis de Borgia. Tra biografia e narrazione nelle carte dell'Archivio di Stato di Modena

I libri di Lucrezia

Sono quindici i titoli che la ventunenne Lucrezia, entrata a Ferrara come sposa di Alfonso d’Este il 2 febbraio 1502, aveva portato con sé da Roma, come parte del corredo nuziale. L’esile lista delle letture della Borgia riveste un valore simbolico, volto a costruire l’immagine della futura duchessa, piuttosto che ad inventariare il portato di una biblioteca privata. Lucrezia conosce, infatti, la magnificenza libraria di casa d’Este e non intende proporsi alla corte come donna di lettere ma come lettrice di non convenzionali, selezionate e devote pagine.

Forte è la presenza delle lingue volgari, in primo luogo quella catalana e quella castigliana; in latino vi è solo un Donato, grammatica di base assai diffusa. Per celebrare il proprio casato d’origine Lucrezia portò con sé libri nelle lingue iberiche, fra cui due canzonieri, genere ben attestato nella biblioteca estense, in armonia con i gusti di Ercole I e della sua consorte, duchi in carica al momento dell’ingresso della Borgia nei domini estensi. I canzonieri iberici sono un «libro scrito a manno de canzone spagnole de diverssi autori», forse l’attuale codice alpha.R.8.9 dell’Estense Universitaria di Modena, e un «libro de copplle [ossia versi]». Nella lista libraria si ricordano variopinte legature in velluto ma pure fermagli e cantonali in argento e ottone, per serrare le carte dei volumi. Oltre ai canzonieri ed a testi spirituali e religiosi, oggetto della successiva sezione della mostra, Lucrezia portò a Ferrara libri di filosofia naturale, di medicina, di storia universale, dalla creazione del mondo agli anni vicini alla loro pubblicazione, come il volgarizzamento del Supplementum chronicarum dell’agostiniano Giacomo Filippo Foresti da Bergamo (1434-1520 ca.), letto da Lucrezia nell’edizione veneziana di Riccio del 1491. Altra opera storico-mitologica è l’Aquila volante, falsamente attribuita a Leonardo Bruni, posseduta da Lucrezia, con ogni probabilità, nella stampa veneziana del 1497.

Per quanto istruita alla gramatica (ossia nel latino), Lucrezia non mostra i tratti della colta lettrice umanista: nessun classico greco compare, infatti, tra i suoi libri. A sostituirli sono Dante, «comentato a stampa» con ogni probabilità da Cristoforo Landino, in una delle numerose edizioni veneziane degli anni ’90, e il canzoniere di Petrarca, manoscritto in dimensioni portatili, i quali suggellano lo scaffale poetico...

 

 

Le letture spirituali

Sono la religione e la devozione a formare l’asse portante delle letture di Lucrezia, emblema della pietà e della spiritualità che affiorano anche dalle lettere del suo confessore, il domenicano fra’ Tommaso Caiani.

Prima fra tutte è l’edizione aldina, la più completa e fortunata, delle lettere in volgare di santa Caterina da Siena, verso cui Lucrezia nutrì una devozione particolare.

Fra i libri di Lucrezia è lo «Spechio de la fede», trattato teologico-devozionale di fra’ Roberto Caracciolo, licenziato a Venezia dopo l’aprile del 1495. Completa lo scaffale pietoso un fortunato classico dell’agiografia, la Legenda aurea di Jacopo da Varagine. Numerosi sono i libri religiosi in volgare e in lingua spagnola e catalana, le quali si sostituiscono al latino ed offrono prova, con l’accesso diretto alla parola sacra, di una sensibilità religiosa protesa alla devotio moderna. Si ricordino i Vangeli istoriati, apparsi a Milano nel 1499 con il titolo di Tesoro spirituale coll’Epistole ed Evangeli istoriati nella versione di Giovanni Pietro Ferraro. Fra i titoli iberici si menzioni la Vita Christi, forse da riferirsi a Ludolfo di Sassonia, morto nel 1377. Nel Quattrocento, fra il 1495 e il 1500, ne furono prodotte cinque edizioni con volgarizzamento in catalano, stampate a Valencia. Ma con Vita Christi è noto anche il riadattamento della Vita Christi per coplas, ossia in versi, attribuita a frate Iñigo de Mendoza: nel solo Quattrocento uscirono sei edizioni. In valenziano è pure «Uno libro chiamato El dodexe del Cristianno», l’enciclopedia di teologia morale Lo Crestià del francescano Francisco Ximénes, impressa per la prima volta a Valencia nel 1483. Ragion di Stato e religione saldavano i propri confini e offrivano un valido sussidio alla nuova morale politica delle corti europee del Rinascimento.

Fra le pagine devozionali affiora l’«officiolo dela Madona», insieme con altri uffizioli miniati. Chiamati anche libri d’ore, gli uffizioli contenevano le preghiere della devozione privata e personale: spesso finemente decorati, erano di ridotte dimensioni.

Chiamata a divenire la consorte di una delle più potenti dinastie che si contesero la storia dell’Italia, Lucrezia mostrò attraverso i suoi volumi spirituali sia la ricchezza materiale di libri lussuosi sia la solidità morale che l’avrebbero resa una delle lettrici più conosciute del suo tempo.

Paolo Tinti