Lucretia Estensis de Borgia. Tra biografia e narrazione nelle carte dell'Archivio di Stato di Modena
Item
45. Lettera di fra’ Tommaso Caiani a Lucrezia Borgia. S.l., s.d.
Title
45. Lettera di fra’ Tommaso Caiani a Lucrezia Borgia.
S.l., s.d.
S.l., s.d.
Description
ASMo, Archivio Segreto Estense, Cancelleria, Carteggi e documenti di regolari, b. 22.
La lettera, introdotta da un breve cappello iniziale che ne spiega l’antefatto, risponde ancora una volta a un’esigenza espressa da Lucrezia, ossia quella del parlar «immaculata da peccati della lingua». La soluzione giunge ancora facendo esplicito appello alle Sacre Scritture e nuovamente a un Salmo, il numero 38.
Il tema ricordato da fra’ Tommaso è quello della misura e discrezione della lingua, vista in contrapposizione al parlar troppo e male, frutto del cedimento morale all’irrazionalità. Il peccato della parola è, non a caso, sempre biasimato dai commentatori dei Salmi come causa del peccato originale: il serpente tentò Eva con le lusinghe verbali e per mezzo della parola a tali lusinghe Eva rispose. Un monito, questo, che indugia sulla questione, già cruciale per Lucrezia, del rifiuto della sfera materiale della vita, con tutto ciò che essa comporta, per guadagnarsi l’eternità; unica via è l’intima meditazione e la tacita accettazione che i limiti posti all’esistenza terrena fanno parte dell’ampio progetto divino, con il conseguente monito a non indulgere alle viltà della natura umana, ma farne piuttosto oggetto continuo di riflessione.
Il richiamo ai peccati commessi, al timore delle fiamme dell’inferno, scenari tanto terribili da non poter neanche essere immaginati, fa il paio con la constatazione della facile corruttibilità dell’uomo e della società del tempo, cui Lucrezia, esplicito soggetto orante della preghiera che è tutta declinata al femminile, deve resistere praticando un ideale di medietas cristiana secondo una sorta di imitatio delle sofferenze del Cristo.
Gabriella Zarri
La lettera, introdotta da un breve cappello iniziale che ne spiega l’antefatto, risponde ancora una volta a un’esigenza espressa da Lucrezia, ossia quella del parlar «immaculata da peccati della lingua». La soluzione giunge ancora facendo esplicito appello alle Sacre Scritture e nuovamente a un Salmo, il numero 38.
Il tema ricordato da fra’ Tommaso è quello della misura e discrezione della lingua, vista in contrapposizione al parlar troppo e male, frutto del cedimento morale all’irrazionalità. Il peccato della parola è, non a caso, sempre biasimato dai commentatori dei Salmi come causa del peccato originale: il serpente tentò Eva con le lusinghe verbali e per mezzo della parola a tali lusinghe Eva rispose. Un monito, questo, che indugia sulla questione, già cruciale per Lucrezia, del rifiuto della sfera materiale della vita, con tutto ciò che essa comporta, per guadagnarsi l’eternità; unica via è l’intima meditazione e la tacita accettazione che i limiti posti all’esistenza terrena fanno parte dell’ampio progetto divino, con il conseguente monito a non indulgere alle viltà della natura umana, ma farne piuttosto oggetto continuo di riflessione.
Il richiamo ai peccati commessi, al timore delle fiamme dell’inferno, scenari tanto terribili da non poter neanche essere immaginati, fa il paio con la constatazione della facile corruttibilità dell’uomo e della società del tempo, cui Lucrezia, esplicito soggetto orante della preghiera che è tutta declinata al femminile, deve resistere praticando un ideale di medietas cristiana secondo una sorta di imitatio delle sofferenze del Cristo.
Gabriella Zarri