Il Segno di Ariosto. Autografi e carte ariostesche nell'Archivio di Stato di Modena.

Lettere dalla Garfagnana (agosto-novembre 1523)

[23]Indagini in Garfagnana

Ariosto riferisce al Duca sui procedimenti riguardanti l’indagine compiuta sull’omicidio del Conte Carlo di San Donnino e di sua madre da parte Gianni Maddalena. Dopo aver ritrovato un atto del padre di Gianni, il vecchio Pier, che assicurava un forte risarcimento in luogo di offese compiute dai componenti della propria famiglia nei confronti di quelli di San Donnino, il commissario decide di trattenere il vecchio in carcere («dove spero di tenerlo più cautamente che non ho saputo fare il Moro», che era evaso poche ore prima) al fine di costringerlo a pagare le ammende. Ariosto riferisce inoltre sulla riorganizzazione delle bande dei banditi della Garfagnana. È da rilevare in questa missiva l’utilizzo, da parte di Ariosto, di formule legate agli aspetti del procedimento giuridico come, ad esempio, iure medio (processo pubblico), in ferenda sententia (nella formulazione della sentenza), qui exhiberet consilium (che pronunciasse la sua sentenza), intervallate da espressioni ben più colorite come «io stringessi questo ribaldo vecchio, il quale credo c’habbia poco meno di cento anni».

«Ma quel Giovanni suo figliolo, che hora ha fatto questa horribile scelerità, venne a vostra excellentia, e portò una commissione che si procedessi iure medio, di modo che si è agitato il processo lungamente; all'ultimo havevo date le scritture in mano del capitano qui, acciò che mi consigliassi in ferenda sententia: ma esso (non so perché) non si è mai risciolto. Saria buono che vostra excellentia o scrivessi che, messi li processi da parte, io stringessi questo ribaldo vecchio, il quale credo c'habbia poco meno di cento anni, a pagare tutte queste pagarie (de consenso et istigatione del quale è publica opinione che tutti questi mali sieno seguiti), o vero che si scrivessi al capitano qui exhiberet consilium»

 

[24] «Non gli ho saputo dare altro che parole»

Ariosto, dopo aver interrogato il Duca su come debba procedere la detenzione nei confronti di Pier Maddalena, informa il Duca sulle azioni di Battista Coiaio e Bernardello da Ponteccio e dei loro diciotto sodali: i banditi hanno rapito due abitanti e per la liberazione chiedono riscatto alle loro famiglie. Rilasciati con la promessa di pagamento da parte dei familiari (che tuttavia non intendono mantenere), questi chiedono ad Ariosto di intervenire contro i banditi da cui si aspettano ritorsioni. Ariosto non può “dare altro che parole” e chiede al Duca l'autorizzazione per effettuare un intervento risolutivo contro i banditi. Ariosto lamenta inoltre che la sua credibilità - così come quella del Duca - è sempre più in discussione, tanto da prospettare al Duca una sua fuga notturna alla volta di Ferrara qualora la situazione continui a peggiorare.  

[25]Moro dal Silico: bandito “pentito” e spiantato

Ariosto, sollecitato dal Duca, informa il proprio signore sui risultati delle indagini circa presunti reclutamenti di truppe per l’esercito fiorentino nei territori della Garfagnana. Gli informatori non hanno trovato riscontro – se non in una notizia che ad Ariosto pare “una fola” – alle preoccupazioni del signore di Ferrara. A sorpresa, troviamo che chi consegna la lettera è Moro del Silico, già acerrimo nemico dell’Ariosto, ora arruolato, insieme ad alcuni suoi sodali, come valente recluta dell’esercito del ducale. Si delinea poi con chiarezza la misera condizione economica del Silico, che ritarda la sua venuta a Ferrara in quanto incapace di pagarsi le spese di viaggio prima della raccolta delle castagne.

«Solo passando di qui un fante di questo paese cercava di comprare certi scoppietti: gli fu domandato che ne voleva fare: rispose che Polinoro da Vallico, homo pur subdito di vostra excellentia, haveva commissione da uno che guardia la porta di Pietrasanta di fare 150 fanti, con li quali haveva a passare in Lombardia per la via di Fornovo per intrare in un castello di non so che gentilhomo, ma non sapeva exprimere il nome né il loco: pur non ho poi sentito altro, e credo che ancho questa sia una fola»
«Li exhibitori di questa seranno il Moro dal Silico e li altri fratelli, de li quali a' dì passati vostra excellentia mi scrisse che io facessi che venisseno in campo, che darebbe lor soldo; si excusano se fin qui hanno diferita la loro venuta: è stato per povertà e non havere havuto il modo di levarsi; il che molto ben ho lor creduto perché so che sono poveri. Hora che hanno colte certe loro castagne, che è quella poca facultà che hanno, vengono; se vostra excellentia darà lor recapito, credo che ne havrà buon servitio, perché credo che sieno valenti, e fidelissimi a chi servono»

 

[26]Panico a Castelnuovo

Ariosto aggiorna il Duca sulle azioni dei criminali locali, segnalando l’impossibilità di reprimerli con efficacia senza mezzi adeguati: i pochi balestrieri in servizio non sono sufficienti a sgominarli, anche perché i banditi godono di una rete di informatori che permette loro di anticipare ed evitare le azioni repressive da lui dirette. Dalla lettera veniamo inoltre a conoscenza che molti banditi si stanno dirigendo verso Ferrara per arruolarsi nell’esercito ducale e ad Ariosto pare che l’occasione sia buona per sferrare un duro colpo ai gruppi criminali rimasti in Garfagnana. In chiusura il commissario informa il Duca sul clima di panico generale della popolazione di Castelnuovo derivato dalla notizia dell’elezione al soglio pontificio di un membro della famiglia Medici: si tratta ovviamente Clemente VII.

«Replicare non mi accade altro, se non circa quelli assassini che praticavano a San Pelegrino, che se io per me fossi sufficiente a farli pigliare, non domanderei a vostra excellentia aiuto; ma li balestrieri ch'io ho qui non sono atti a farlo, ché li assassini prima sono più di loro, poi, quando li balestrieri si parteno da Castelnuovo(come altre volte ho scritto), li avisi correno sùbito intorno, e sempre vanno indarno»
«Dicole bene che ha una bella occasione di purgare questo paese di molte male herbe, ché credo che ancho quel Battistino Magnano, che appresso a Bernardello è il maggior assassino che havesse questo paese, si trovi al soldo di vostra excellentia, e se non v'è al presente è stato male a lasciarlo partire, ché pur intesi che v'era. È ben vero che questo paese resta, anchora senza questi, con qualche bandito, ma non sono assassini come questi altri»
«Appresso mi venne una lettera da Lucca che mi avisava come Medici era creato papa; la qual nuova come si udì da questi di Castelnuovo, parve che a tutti fosse tagliata la testa, e ne sono intrati in tanta paura che furo alcuni che mi volean persuadere che quella sera medesima io facessi far le guardie alla terra; e chi pensa di vendere, e chi di fuggir le sue robe»

 

[27]Un commissario onesto

Un Ariosto particolarmente preoccupato informa il Duca sulla grave situazione economica in cui versa la Garfagnana: la raccolta delle castagne non ha dato sufficienti ricavi e manca il frumento che dovrebbe arrivare dalla Lombardia. Possiamo dedurre che il Duca avesse ordinato ad Ariosto di far riprendere l’esportazione delle castagne che quest’ultimo aveva limitato per contenere il rischio di lasciare la popolazione affamata. Il Servitor tiene a sottolineare al Duca la sua onestà e la sua condotta responsabile, sottolineando come la decisione del blocco delle esportazioni sia stata presa esclusivamente per il bene della popolazione, e a discapito personale, dal momento che così stabilendo il commissario non ha potuto applicare (e intascare) la consueta trattenuta sulle vendite.

«Queste prohibitioni c'ho fatte sono a mio danno, ma ho preposto l'utile commune al mio, perché per ordine antico li commissarij pigliano tre quattrini di ogni soma di roba da mangiare che va fuore. Vostra excellentia commandi, alla quale mi raccomando»