Il libero ospedale di Maggiano. La psichiatria fenomenologica di Mario Tobino

Fidia Palla

La storia di Fidia Palla si intreccia profondamente con quella della sua città, Pietrasanta, in cui la bottega del padre, il cavalier Palla, Direttore della Scuola di Belle Arti di Pietrasanta (aperta nel 1870), era un’istituzione nel territorio e non solo. Le loro opere si trovano ad oggi diffuse in numerosi luoghi di interesse anche negli USA.

Fidia Palla, ultimo di quattro fratelli, nasce nel 1984 a Pietrasanta, in provincia di Lucca, lavora nella bottega del padre e mette a frutto la sua inclinazione artistica e i suoi studi all’Accademia attraverso la pittura, la scultura, il disegno.
A soli trent’anni, nell’agosto 1924, Fidia viene internato nell’Ospedale Psichiatrico di Lucca, con la motivazione di essere affetto da «mania di persecuzione in cui si manifestano eccessi di delirio furioso durante i quali si rende pericoloso a sé e agli altri», anche a seguito di manifesti contrasti familiari, avuti soprattutto con il padre. Le notizie che abbiamo della biografia e delle vicende dell’artista provengono perlopiù dalla storia orale, e le leggiamo estesamente nel Catalogo della mostra delle opere di Fidia allestita nel 2015 (Una storia vera. Disegni e lettere di Fidia Palla), grazie all’erede Giulia Talini.
Anche prima di condividere (probabilmente solo idealmente, in quanto non ci sono ad oggi tracce di un loro incontro) un periodo coevo nei luoghi di Fregionaia, Lorenzo Viani e Fidia Palla si incontrano al concorso viareggino del 1921 per aggiudicarsi la creazione del monumento ai caduti per la patria. Vinto da Viani e Rambelli con “I Galeottus”, il bozzetto “La Luce” di Fidia arriva fra i dieci finalisti ma si distingue ricevendo una menzione di lode dalla giuria («C’è in questo lavoro una tale dimensione spirituale, da far dimenticare ogni cosa che lo circondi»). 

Grazie al recupero del contenuto della cartellina ritrovata dalla nipote Giulia Talini, possiamo immergerci in schizzi e lettere composti durante il suo periodo di internamento, dal 1924 al 1944, a Maggiano. 

 

Durante i lunghi venti anni passati dentro l’ospedale psichiatrico, la situazione di Fidia peggiora in modo irreversibile, e ne è una prova l’analisi grafologica delle lettere, in cui è stata notata la traccia di un progressivo impoverimento della scrittura: «la struttura grafica con lo scorrere dei giorni si restringe e chiude sempre di più, divenendo simbolo di un profondo dialogo segreto, dove il bisogno di riempire meticolosamente di nero il bianco va a colmare il profondo senso di vuoto interiore». 


«Vedi se è vero quanto mi han fatto soffrire, quanto mi hanno fatto scendere in basso opprimendo il mio mondo come ogni mia cosa senza alcun riguardo mai. Vedi di scusarmi per questa veste meschina con cui mi si presenta ai tuoi occhi. Non era nelle mie buone abitudini essere così conciato. Ti dirò che hai fatto bene a venirmi a vedere ed io te ne sarò grato sempre, finché ti va, fino al mio ultimo respiro, invocandoti quale mio angelo buono, che pone una carezza sulle mie piaghe, sul mio stato sventurato, e poco ragionevole».
Il materiale recuperato è stato consegnato dal personale di Maggiano, al momento della morte di Fidia, al fratello Spartaco. I disegni non sono datati, ed è difficile stabilire quale sia la data di composizione. I soggetti sono perlopiù uomini, i pazienti di Maggiano con cui Fidia condivideva la quotidianità. Vengono rappresentati sia spazi interni sia esterni. Le vedute esterne rappresentano variamente il cortile dell’ospedale, riconoscibile dalla cinta muraria e l’immediato esterno dell’edificio, ben colto dal porticato, sfondo di molti disegni. In alcuni casi gli esterni, in cui viene rappresentata la campagna, con campi, animali e vegetazione, possono essere dislocati in luoghi anche non prossimi all’ospedale di Fregionaia [-]. È infatti possibile che molti rappresentino case contadine, campi limitrofi o le Ville di Nozzano (le “villette”), in cui venivano ricoverati i malati meno gravi.
Delle 33 lettere ritrovate, queste per la maggior parte datata ma senza busta di spedizione (non è chiaro, se esse siano mai state inviate da Fidia, recapitate a mano, o rimaste sempre all’interno del manicomio), la maggior parte ci parla di un inesprimibile affetto verso la moglie e le figlie, alternato da affondi angosciosi sulla propria condizione.