Il libero ospedale di Maggiano. La psichiatria fenomenologica di Mario Tobino

III. Un ospedale letterario e un ospedale ideale

«Ma dunque – delle volte mi dissi – quello che con il mio amico Cucchi una volta nelle corsie del manicomio di Bologna avevamo farneticato, che questo sarebbe stato il secolo della psichiatria, si è avverato?»

 

Dal 1942 Tobino entra a nell’Ospedale psichiatrico provinciale di Lucca, facendo presto carriera come primario della sezione femminile. In questi anni vengono pubblicati altri lavori scientifici (II.1), come il saggio dalla tesi di laurea e quello sulla Sindrome di Cotard, e nel 1945 il Diario (che presto diventerà più di uno scritto privato) conosce le prime annotazioni. Il diario di Tobino è fondamentale non solo come filo conduttore per una ricostruzione biografica che in esso si esplicita e trova autogiustificazione, ma anche per comprendere la struttura portante della sua scrittura: primo contenitore di molteplici prove romanzesche in nuce, esso è la prova di una dedizione alla scrittura lunga una vita e declinata per arrivare nel fondo della pratica medica
Nei primi anni ’50 lo psichiatra è pronto per declinare in modo inedito quello che dalla formazione bolognese in poi, passando per la guerra e per gli ospedali psichiatrici conosciuti lungo il decennio, ha maturato nei confronti della malattia psichiatrica e dei “matti”, conosciuti dentro e fuori il manicomio. 
Le libere donne di Magliano, il capolavoro che lo consacra al grande pubblico, nasce dal “palpitare” del referto, dalla rielaborazione dell’osservazione. La fortunatissima ricezione dell’opera dal 1953 preannuncia un momento di grandi cambiamenti nel panorama psichiatrico e a ruota dopo questo periodo Tobino sperimenta la direzione del manicomio di Lucca (Dopo. Il manicomio di Pechino), in cui abbraccia i primi passaggi della rivoluzione psicofarmacologica; a partire da tale esperienza, nel 1958 partecipa alla stesura di un progetto architettonico per l’Ospedale di Vicenza su suggestione di due giovani architetti (Piero Marello e Giorgio Ramacciotti).