Il libero ospedale di Maggiano. La psichiatria fenomenologica di Mario Tobino

L'ospedale del dottor Anselmo

Per le antiche scale («Una storia») esce nel gennaio 1972 per Mondadori e, a vent’anni dal grande successo delle Libere donne, la «storia» del Dottor Anselmo ha un esteso e definitivo consenso, maggiore rispetto al primo romanzo “del manicomio”; essa mostra al lettore di Tobino una maturazione non solo letteraria ma anche medica e i racconti dall’ospedale sono accolti benevolmente da lettori lontani e prossimi. Il libro raccoglie infatti, in una coerente sintesi, elementi della storia di Maggiano, una manifesta consapevolezza letteraria, la progressiva scoperta e l’esposizione di una acquisizione scientifica. Attributi di successo, accompagnati da un ristabilito equilibrio con la casa editrice, che contribuirà all’agognata vittoria del premio Campiello.


Il medico Anselmo, quello di Una giornata con Dufenne, e non più la voce narrante delle Libere donne, è il filo conduttore del romanzo, l’occhio che tiene insieme un libro al suo interno talvolta fortemente diversificato per focalizzazione e protagonisti. È Anselmo che giungerà alla conclusione di una riflessione condotta fra le pagine mediche (si vedano le estese letture di Tobino di questo periodo, VII) ed elaborata alla luce di quelle narrative: il sentimento dei malati rimane intatto, la sfera emotiva non va perduta insieme alla caduta dell’intelletto. 


«Dentro la cerchia delle mura» (il primo, lungo capitolo) (doc.) è la storia romanzata di nomi e protagonisti del manicomio di Fregionaia. Incluso nel nucleo primario del romanzo, esso prelude ai successivi ritratti dei malati, attraverso i quali Tobino ci accompagna attraverso le tappe di conoscenza di quello che sembra apprendere insieme ai lettori (“Anselmo ha paura e si sbaglia”, “Nuovi barbagli di supposte verità”).
Il protagonista della prima parte è “Bonaccorsi”, medico psichiatra ormai veterano del manicomio, di cui ripercorre lo studio verso la presunta origine della follia insieme ad altri importanti attori di Maggiano (il tecnico Achille, l’Anzillotti, cioè Vedrani). Come un’introduzione alle successive scoperte e consapevolezze, Bonaccorsi rappresenta il “prima” della psichiatria, quella esercitata nei laboratori e lontana dai malati. Abile con i ricercatori di cui si circonda, Bonaccorsi giunge alla presunta “scoperta dell’origine della schizofrenia”, un abbaglio maturato dalla scoperta di uno «speciale globulo rosso», destinato a rivelarsi errato davanti al Congresso di Parma. 
 

 

«Nei primi decenni del secolo c’era un abisso tra medico e infermiere e specie in un manicomio situato in campagna che prelevava gli infermieri tra i contadini. Per di più c’era il mistero della psichiatria, le parole arcane di schizofrenia, paranoia, catatonia rendevano magico il potere di chi ne possedeva la chiave. Il medico di manicomio era imperatore sui malati, a suo unico giudizio li faceva legare oppure no, li curava nei modi più strani come tenerli per giornate intere, per mesi, immersi in vasche da bagno. Il Laboratorio poi era considerato il sacrario della scienza. Achille vicino al Bonaccorsi, a tu per tu».
p. 88: «Poi, dopo molti anni, quando a sua volta fu al manicomio di Lucca il dottor Anselmo e si trovò a leggere le cartelle cliniche scritte dal Paoli, non le ammirò affatto, nessuna personalità, niente generosità, e alcuna parvenza d’amore. E il dottor Anselmo si domandava allora il mistero di quella persona Paoli, così amato dagli infemieri, così dominatore dentro quelle mura, epperò non risultate dagli scritti, come succede a moltissimi uomini».