La biblioteca di Carducci: i classici italiani fra XIII e XIV secolo
Una biblioteca che sopravvive al suo creatore
Verso la fine degli anni Ottanta Giosue si ammalò gravemente e la scarsa disponibilità finanziaria stava per obbligarlo a disperdere parte di quel grande patrimonio che aveva raccolto. Essendo tanto preziosa quanto la sua stessa vita, Carducci non voleva però separarsi dalla sua biblioteca, né voleva che, alla sua morte, venisse divisa tra i suoi eredi ovvero disgregata, attraverso donazioni alle varie biblioteche d’Italia. Quando il sindaco di Bologna Dallolio comunicò a Carducci le intenzioni della Regina Margherita di Savoia, il poeta gli scrisse, nel febbraio 1902, una lettera dove espresse tutta la riconoscenza per questo gesto. Dalle sue parole si percepisce del resto la grande preoccupazione per la possibile dispersione della sua più preziosa eredità per la città di Bologna. Così al sindaco: «La speranza che la mia biblioteca possa con senso squisito di gentil beneficenza essere acquistata dalla Maestà della Regina Margherita è un arcobaleno fra le nuvole che turbano la fine della mia giornata. Così fosse! E i libri e le carte, che ebbero tanta parte della mia vita e dei miei amori, riposassero tutti insieme, in un luogo quieto, sicuro e onorato» (SORBELLI, Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d’Italia, 1936, vol. LXII, p. IV). E così avvenne: nel 1902 la regina Margherita di Savoia comprò da Carducci per 40mila lire la biblioteca, gli autografi e i carteggi. Nel 1906 acquistò dai proprietari Levi anche l’intero villino denominato del Piombo e l’edificio con l’appartamento nel quale lo studioso viveva in affitto.
Alla morte del poeta, la libreria fu donata al Comune di Bologna, che inizialmente aveva pensato di trasferire l’immenso patrimonio di Carducci in una delle Biblioteche pubbliche, dedicandogli magari una stanza apposita. Subito, però, si comprese che questo avrebbe fatto perdere un’aura di sacralità alla biblioteca stessa e che lasciarla «nello stesso luogo in cui egli la ordinò e sempre la vide, avrebbe parlato ben diversamente e più solennemente all’animo del visitatore e dello studioso» (SORBELLI, Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d’Italia, 1936, vol. LXII, p. VI). Oggi possiamo quindi ancora visitare e consultare un patrimonio che si è fermato nel tempo, una casa-biblioteca dove si percepisce molto bene che il libro è il capitale dell’intellettuale.