La biblioteca di Carducci: i classici italiani fra XIII e XIV secolo
Guittone d’Arezzo, Guido Cavalcanti, Cino da Pistoia, Fazio degli Uberti
«Pure poesia v’è sotto quelle apparenze tal’ora un po’ rozze, tal’altra un po’ uniformi, qualche volta anche artifiziate; sotto quelle apparenze che tengono del colorito di Giotto e de’ tocchi di Donatello. E non potrebbe non esser così: perchè quella età portò Dante e il Petrarca, perchè in quella età esultò la poesia fin dall’agile pieghevole armoniosissima prosa delle leggende, delle cronache, delle novelle; e la religione e lo stato e la famiglia, e i costumi e le arti e le dottrine, fu tutto poesia; e le forme della poesia non erano anche trite dall’uso o cincischiate dalle cesoie dei trattatisti o sgualcite dalla mano impronta degli accademici di tutte le scuole» (CARDUCCI, Le Rime di m. Cino da Pistoia, 1862, p. IV).
Con questo Discorso preliminare, Carducci aprì il suo lavoro su Le Rime di m. Cino da Pistoia, edito dall’editore Barbèra nel 1862. La poesia e i rimatori del Due-Trecento furono oggetto di molte sue lezioni universitarie di cui ancora oggi, nell’archivio di Casa Carducci, si conservano i cartoni contenenti i fascicoli con gli appunti e le note per queste lezioni. Fra le sue carte si trova, infatti, riscontro di numerosi studi condotti sulla letteratura delle origini, dalla scuola siciliana della prima generazione con affondi monografici sui rimatori di quei secoli, come ad esempio Cino da Pistoia – oggetto di alcune sue lezioni nel corso del 1866 – di cui sono conservati gli appunti, dal titolo Frammenti di una lezione su Cino da Pistoia, nel cartone XXIX che consistono in due fogli doppi in grande formato che servirono al professore, tra l’altro, anche per la stesura della prefazione alle Rime di Cino da Pistoia, o ancora Guittone d’Arezzo – presente nelle lezioni del biennio 1888 e 1889 –, fino a trattare dell’evoluzione della lirica italiana dal Duecento al Quattrocento, a cui Carducci dedicò quindici lezioni nell’anno accademico 1896-’97.
Una passione per la poesia delle origini che unì il professore ai lirici del Due-Trecento fin dai suoi primi studi, spingendolo ad acquistare quelle edizioni necessarie con le quali approfondire i suoi lavori personali oltre che preparare le lezioni.