La biblioteca di Carducci: i classici italiani fra XIII e XIV secolo
Postillati
Dopo anni di fervido impegno che avevano visto Carducci coinvolto nello studio sulle Rime di Petrarca già dal 1860, Le rime di Francesco Petrarca di su gli originali commentate da Giosue Carducci e Severino Ferrari vennero licenziate presso l’editore fiorentino G. C. Sansoni nei primi giorni di marzo 1899. Nello schedario carducciano vi è traccia, tra le altre, di una copia di questo volume, la cui scheda di riferimento riporta la seguente dicitura «10 marzo 1899. Prima copia ricevuta dal Sansoni».
La grande fatica che costò al professore il lavoro sulle Rime è testimoniata non solo dal meticoloso impegno con cui Carducci cercò di procurarsi le edizioni migliori, ossia quelle che contenevano un testo ottimo, ma anche dalle numerose edizioni postillate, presenti ancora oggi sugli scaffali della sua libreria. Si ricordano, ad esempio, il volume delle Rime di Petrarca, a stampa, curato dall’Abate Antonio Marsand, in 4 volumi e stampato a Firenze nel 1822, e il volume dal titolo Il Petrarca corretto da M. Lodovico Dolce, et alla sua integrita ridotto, edito nel 1550 a Venezia per i tipi di Gabriele Giolito de Ferrari e donato a Carducci da Tommaso Casini (Pragatto 1859 – Bazzano 1917; suo allievo a Bologna) il 10 maggio 1995, come recita la nota di possesso sul verso della copertina (mostrata di seguito accanto al frontespizio della stessa edizione).
Quest’edizione presenta numerose sottolineature a lapis rosso e segni di richiamo, oltre che diversi commenti – del tipo «(è una delle canzoni più belle)» o «(stupenda canzone)» in corrispondenza di Rvf50 e Rvf 70. In nota si trovano anche dei rimandi a Pietro Bembo, come quello presente a p. 46 a commento del sonetto «L’aspettata virtù, che ’n voi fioriva» in cui Carducci scrive «intorno al subietto di questa Canzone v[edi] Bembo Lettere tom[o] I. pag. 145 Ver[on]a 1743» (corsivo mio).
Un altro testo postillato da Carducci, sia studioso sia professore, è quello delle Rime di Francesco Petrarca col comento del Tassoni, del Muratori, e di altri. Volume I, ossia l’edizione curata da Carrer e uscita nel 1826-’27 a Padova per i Tipi della Minerva. Sul recto della carta di guardia Carducci scrisse questa nota all’edizione: «Del Carrer, che curò questa stampa, vedi anche la prefaz[ione] ad altra ediz[ione] del Petrarca data in Venezia per i tipi del Gondoliere nel 1839», riferendosi così all’altra edizione delle Rime datata 1839 sempre curata da Carrer, che nel 1825 fu direttore della Stamperia della Minerva di Padova (appartenente a Niccolò Bettoni, noto editore dell’epoca) e poi nel 1833 fondò a Venezia «Il Gondoliere, giornale di amena conversazione» di cui fu editore e proprietario.
Sull’edizione Carrer del 1826 posseduta da Carducci sono disseminate delle varianti a matita annotate a margine o in calce alla pagina. Queste fanno riferimento alla lezione contenuta nel testo delle Rime con l’esposizione di Silvano da Venafro del 1533 (Il Petrarca col commento di M. Sylvano da Venaphro, dove son da quattrocento luoghi dichiarati diversamente dagli altri spositori, nel libro col vero segno notati, Napoli, per Antonio De Jovino e Mattia Cancer, 1533). Questo volume, conservato ancora oggi a Casa Carducci, entrò nella biblioteca nel 1895 e venne acquistato a Firenze dal Dotti per lire 22, come recita la nota di possesso registrata sulla carta di guardia dell’esemplare (si vedano, più sotto, le riproduzioni del frontespizio e della nota di possesso di quest’edizione). A differenza dell’edizione Carrer 1826, essa è priva di annotazioni. Tuttavia, venne considerata da Carducci come punto di partenza e modello di riferimento fondamentale per i suoi studi, perché non solo presentava, secondo lo studioso, un commento molto valido, ma conteneva anche uno dei testi migliori del Cinquecento per la lezione, tanto che il professore fu spinto a inserire, già nel 1876, questa edizione tra le fonti bibliografiche essenziali del saggio Rime di Francesco Petrarca sopra argomenti storici morali e diversi.
Dall’osservazione delle postille del volume Carrer 1826 si evince il tipico modo di procedere dello studioso per “note variorum”. In questo caso, l’edizione contiene ventisei postille di mano di Carducci, tutte annotate sul primo tomo, di due tipologie: alcune riportano la lezione del testo di Silvano da Venafro, altre richiamano citazioni e rimandi a opere latine e italiane.
Per quanto riguarda le varianti grafiche di Silvano da Venafro rispetto al testo di Carrer, si riporta come esempio la riproduzione delle postille a p. 133 dell’edizione Carrer 1826, a commento della canzone III «Sì è debile il filo, a cui s’attene», unico luogo nel testo in cui si trova l’indicazione di «da Venafro» per esteso (negli altri casi Carducci utilizza l’abbreviazione «dV»). Di seguito si danno rispettivamente il testo a p. XXXVIII dell’edizione del 1533 di Silvano da Venafro e quello postillato a p. 133 dell’edizione Carrer 1826, riguardanti la canzone in questione.
La seconda tipologia di postille consiste invece in delle vere e proprie glosse in cui compaiono citazioni da Cicerone, Virgilio e Ovidio, oltre che notizie tratte ancora una volta dal commento fatto da Silvano da Venafro nel 1533. A titolo di esempio si fornisce la riproduzione della postilla del sonetto XXXIV «Perch’io t’abbia guardato di menzogna» con un richiamo a un passo dal De legibus di Cicerone, ossia «Vultus denique totus qui sermo quidam tacitus mentis est». Questa citazione ciceroniana, che Carducci appone nel margine inferiore dell’edizione Carrer 1826 a p. 175, è utilizzata da Silvano da Venafro nel suo commento allo stesso sonetto (come si può vedere nella seconda riproduzione fornita qui sotto che rappresenta proprio la pagina XXXXVIII dell’edizione 1533 con il sonetto in questione).