Ezio Raimondi: la biblioteca infinita
Anomalie di un lettore: Heidegger, Febvre, Curtius e Bachtin
Il percorso di Raimondi come critico letterario si articola attraverso momenti fondamentali e letture specifiche che si sono rivelate fondative all’interno della sua attività ermeneutica. Qui riproponiamo una selezione, inevitabilmente ridotta, unanimemente ritenuta imprescindibile. L’intenzione è di restituire un’immagine di Raimondi alle prese con quelli che furono i suoi maestri dalla quale si riesca a cogliere di riflesso la Bildung intellettuale del professore. Inoltre questa sezione della mostra fa emergere anche il fatto che le letture raimondiane avvenivano su testi in lingua originale non ancora tradotti in italiano, che quindi gli offrivano prospettive di interpretazione inedite e singolari nel panorama critico italiano. A questo proposito va ricordato, come è stato già detto nella sezione di questa mostra "Ezio Raimondi: gli anni della formazione universitaria”, come la cultura tedesca gli appartenne fin dagli esordi: la lingua in primis, e di conseguenza i libri di intellettuali tedeschi, come Ernst Robert Curtius Martin Heidegger e Walter Benjamin, costituivano il suo ordinario ambiente di esplorazione erudita.
Quello con Curtius è sicuramente da ricordare come il primo incontro significativo della formazione di Raimondi che risale agli anni 1941-42, quando studente iniziò a leggere su riviste i saggi sciolti che poi confluiranno nella prima edizione del 1948 di Europäische Literatur und lateinisches Mittelalter. Il libro, in forma omogenea, verrà tradotto in Italia soltanto nel 1992. La data di pubblicazione in lingua italiana rende bene l’idea di quanto in anticipo, uno studioso come Raimondi, lettore fluente in lingua tedesca, potesse assumere una posizione all’avanguardia rispetto all’ambiente culturale nel quale si trovava.
Va sottolineato che la conoscenza di Curtius gli giunse attraverso il suggerimento dell’amico filosofo Franco Serra, assieme all’altrettanto essenziale testo di Lucien Febvre Le problème de l’incroyance au XVIème siècle. Grazie a quest’ultima lettura Raimondi introietta un approccio metodologico specifico poiché la dimensione storica incontrandosi con la letteratura da un punto di vista interdisciplinare, assieme anche alle questioni relative alla psicologia sociale, riusciva a dare strumenti di interpretazione maggiormente energici ed efficaci. Il metodo storiografico di Febvre lascerà tracce in tutta la produzione saggistica raimondiana.
Al testo di Febvre è necessario affiancare l’altra faccia della lezione storiografica recepita dal Nostro, ovvero quella di Jacob Burckhardt di La civiltà del Rinascimento in Italia del 1940, e soprattutto il fondamentale saggio di Bachtin su Rabelais in lingua inglese che gli fu regalato dai suoi studenti durante le prime lezioni tenute negli Stati Uniti alla fine degli anni Sessanta.
In conclusione, l’occhio raimondiano alle prese con letture di questa complessità divenne presto un occhio "clinico" capace di riconoscere e far emergere la natura plurima e stratificata del testo letterario.