Ezio Raimondi: la biblioteca infinita
Longhi, Gadda, Serra: luci riflesse di un prisma
Ezio Raimondi nelle interviste rilasciate durante la seconda parte della sua carriera spesso evoca un nome molto importante: Roberto Longhi. Longhi è il professore di Storia dell'arte che lui, come molti altri grandi intellettuali del Novecento (Francesco Arcangeli, Giorgio Bassani, Attilio Bertolucci, Pier Paolo Pasolini) ha ascoltato far lezione all'Università di Bologna sulla pittura quattrocentesca nell'inverno tra il 1941 e il 1942.
Al di là della scoperta dichiarata di una filologia concreta, punto di arrivo a cui lo studioso giunge anche grazie alle lezioni di Longhi, Raimondi recupera la figura del grande maestro più tardi, quando inizia a creare un mosaico complesso del Novecento unendo il grande critico d'arte e lo scrittore Carlo Emilio Gadda, di cui legge molto presto e molto attentamente l'Adalgisa.
La prospettiva critica con la quale Raimondi indaga le opere di Gadda negli anni Sessanta influenza quelle che il professore sta costruendo nelle analisi intorno ai Promessi sposi di Manzoni. È lo studio di Gadda che suggerisce l'idea del romanzo "polifonico", della pluralità di voci e di punti di vista con cui Raimondi costruisce il primo libro manzoniano Il romanzo senza idillio. Saggio sui «Promessi sposi» (Einaudi, 1974).
Il nome di Longhi emerge nel pensiero critico raimondiano soprattutto quando nella sua saggistica egli formula le tesi sulla persistenza del Barocco in epoca moderna. Infatti non è un caso che i saggi di ispirazione storico-artistica vengano distribuiti negli anni in due volumi: il primo più teorico dal titolo Ombre e figure: Longhi, Arcangeli e la critica d'arte (il Mulino, 2010), dove con Longhi emerge anche Francesco Arcangeli, lo storico d'arte che probabilmente Raimondi conosce dagli anni universitari. Una seconda silloge, dal titolo Il colore eloquente. Letteratura e arte barocca (il Mulino, 1995), raccoglie invece le ricognizioni sulla pittura emiliana seicentesca di ambito bolognese; in particolare Guercino e Guido Reni, aggiungendo poi un ultimo saggio dove, con l'indagine della tecnica del paesaggio dell'Adalgisa, Raimondi recupera con profondità il tema della luce presente nelle analisi di Longhi, in particolare negli scritti su Caravaggio.
Renato Serra, il bibliotecario cesenate morto al fronte nel 1918, entra nel percorso di Raimondi grazie all'amicizia con Franco Serra, il nipote, che gli regala un fascicolo di inediti. Da qui nasce l'interesse per un critico anomalo, che sta ai margini ma dialoga con Croce, colui che si definisce non critico ma "lettore". Questo termine diventa centrale per Raimondi tanto che torna ampliato nelle due raccolte fondamentali: Il lettore di provincia. Renato Serra (Le Monnier, 1964); e poi Un europeo di provincia: Renato Serra (il Mulino, 1993). Con questa ultima raccolta Raimondi colloca Serra al centro di un complesso sistema di rapporti che corrispondono ai suoi interessi profondi.
Il "lettore di provincia", ma anche dal respiro europeo, diventa cosi con Longhi e Gadda, una delle presenze fondanti del suo pensiero di studioso.