Ezio Raimondi: la biblioteca infinita

La prima pietra: Codro e la vitalità di un umanista

Per quanto riguarda la cultura umanistica, Raimondi si occupa di due figure marginali che grazie a lui riemergono dal passato e ottengono poi profondi interessi da generazioni di studiosi più giovani: la prima è quella dell’erudito imolese Girolamo Claricio, capace di correggere e di inquinare il testo dell’Amorosa visione di Boccaccio, sulla base di scelte linguistiche anomale rispetto all’originale. Il secondo personaggio è Antonio Urceo Codro, al quale viene dedicato il primo vero libro raimondiano, Codro e l’umanesimo a Bologna (C. Zuffi, 1950)

Nel 1949, a un anno dalla pubblicazione, Raimondi, rispondendo ad una richiesta di Gianfranco Contini riguardo alcune indicazioni bibliografiche utili alla stesura del saggio Un paragrafo sconosciuto della storia dell’italiano letterario nell’Ottocento, in conclusione della lettera riferiva, in merito al libro su Codro, il metodo storiografico adottato.

Questo studio ha una forma letteraria unica nel panorama della saggistica di Raimondi. Concepito come un “racconto” critico, senza avere a disposizione se non l’edizione di Basilea del 1540, Raimondi ne ricostruisce la figura di studioso e professore che gioca con l’erudizione e con sé stesso ironicamente, e mette in scena i classici di fronte al pubblico degli studenti.

Tra le suggestioni che stanno al fondamento del libro, Raimondi stesso ricordava Autunno del Medioevo di Huizinga, dove letteratura e trasformazioni sociali sono sempre connesse, e lo riconduceva alla scuola delle “Annales” francesi e al libro di L. Febvre, Le problème de l’incroyance au XVIème siècle. La religion de Rabelais, uno studio imprescindibile per distinguere i contesti in cui un’opera nasce da quelli in cui l’opera viene poi recepita a distanza di secoli.

Raimondi fa un’operazione simile con il suo Codro, anticipando la ricezione della scuola francese delle “Annales”. All’interno della cornice di Bologna dominata dai Bentivoglio, Codro sembra incarnare lo studioso che vive a contatto talmente stretto con gli autori antichi da entrare in un dialogo quasi quotidiano con loro: è forse quello che Raimondi si proponeva come modello, pur facendolo rientrare dentro la sua condizione di professore universitario dal profilo perfettamente istituzionale. La libertà di Codro rinasceva però tutte le volte che Raimondi entrava in aula; qui, di fronte a studentesse e studenti, il professore riassumeva quella libertà di lettore capace di giocare una interminabile partita con i libri e con le idee.