La ricezione di Vico e il primo Novecento italiano
La vicosfera italiana
In questa sezione sono presentate alcune tra le più significative esperienze di ricezione e di rielaborazione dell’opera vichiana, maturate in Italia tra gli anni Venti e gli anni Quaranta del Novecento e spesso favorite o veicolate da riviste letterarie. Sono molte le sedi editoriali a farsi carico, in questo periodo, di una problematizzazione dell’opera di Vico, dal Manifesto a firma di Piero Gobetti che inaugura le pubblicazioni della «Rivoluzione liberale» (1922) – dove si parla di Vico come dell’inascoltata «conclusione ideale» di quel tentativo di pensare «un’arte politica come organizzazione della pratica» che fu di Machiavelli – fino alla querelle consumatasi sulle pagine del «Politecnico» tra il 1946 e il 1947 tra Palmiro Togliatti e il direttore della rivista, Elio Vittorini, il quale fa perno sulla sua esperienza di lettore della Scienza nuova per rispedire al mittente le accuse di «enciclopedismo» che il segretario del PCI aveva mosso nei confronti della sua linea editoriale.
Tuttavia, è stato scelto di dedicare un’attenzione particolare a due casi – quelli di «Solaria» (1926-1934) e di «Letteratura» (1937-1947), fondate rispettivamente da Alberto Carocci e Alessandro Bonsanti – attorno ai quali gravita in quegli anni una vera e propria costellazione di autori (da Ungaretti a Vittorini, da Pavese a Montale, da Noventa a Ferrata, da Debenedetti a Contini) compositamente anti-fascista. Il pensiero di Vico trova qui terreno fertile, anche grazie all’opera di mediazione che, tra l’opera di De Sanctis e quelle di Gentile e Croce, aveva formato un’intera generazione di intellettuali.