La ricezione di Vico e il primo Novecento italiano
“Finnegans Wake”: le matrici vichiane di H.C.E e A.L.P.
Nel Wake, le teorie della Scienza nuova di Giambattista Vico sono riflesse nel contenuto e nella struttura del romanzo. Joyce riprende i «geroglifici» vichiani, simboli visivi di significati profondi e universali, adattandoli al suo linguaggio narrativo.
I protagonisti principali, H.C.E. (Here Comes Everybody) e A.L.P. (Anna Livia Plurabelle) sono contrassegnati da precisi sigla che, come spiega Joyce in una lettera a Shaw Weaver nel ’24, incarnano le tre età vichiane: divina, eroica e umana. H.C.E. e A.L.P. attraversano, come archetipi, un ciclo storico che si ripete incessantemente, un concetto fondamentale nella Scienza nuova, dove la storia non è concepita come lineare ma ciclica.
H.C.E. è una figura che rappresenta l'intero genere umano: il nome "Here Comes Everybody" suggerisce che ogni individuo è un riflesso dell'umanità intera. La sua evoluzione, che lo porta ad essere il gigante mitologico Fin MacCool ma anche ogni abitante dublinese comune, simboleggia un uomo e tutti gli uomini, secondo il principio per cui la specie umana si rinnova continuamente nel tempo. Il personaggio di H.C.E. riflette la visione vichiana della storia, dove ogni evento è parte di un ciclo che si ripete e si evolve ricorsivamente, fondendo passato, presente e futuro.
A.L.P., la controparte femminile di H.C.E., viene rappresentata da Joyce graficamente (con un diagramma, come emerge da uno scartafaccio riprodotto anche a p. 293 del Wake) e tipograficamente (con la triangolazione delle parole del testo in una Delta). Simboleggia il fiume Liffey, emblema della fluidità e ricorsività della storia, e il suo collegamento con il delta non è affatto casuale. Come il suo compagno, A.L.P. attraversa le tre età vichiane: prima una forza primordiale nell’età divina, poi madre e custode nell’età eroica, fino a manifestarsi come donna nell’età umana, e tornare a mimare lo scroscio delle acque del fiume Liffey, confondendo con esso la propria voce. Il suo nome, Anna Livia, rimanda direttamente al fiume (Amnis Livis) e assurge al contempo come metafora della ciclicità della storia, come il flusso delle acque che non si arresta mai. La figura femminile diventa così il motore che sostiene il corso e il ricorso della storia (alias la sopravvivenza della specie umana nei secoli), proprio come il fiume sostiene la vita.
L'elemento ciclico e senza fine del romanzo è rappresentato dal flusso narrativo che si riavvolge e si ripete, mimando il movimento continuo del «riverrun» (3, 1) che sfuma il confine tra inizio e conclusione. Questo dinamismo rispecchia il concetto vichiano del ricorso, dove ogni fase storica ritorna, ma arricchita da nuove esperienze. Finnegans Wake non solo suggerisce la ricorsività del tempo, ma la rappresenta attraverso una struttura che non conosce fine, dove ogni nuovo inizio è una continuazione del passato.
La chiusura del romanzo, con le parole di Anna Livia, sigillano il passaggio tra l'ultimo e il primo libro, da un lato emulando il flusso del fiume che sfocia nell’oceano, dall’altro simboleggiando il continuo rinnovarsi della storia. Joyce riprende e trasforma la visione di Vico, convertendo la sua idea di una storia non lineare in un linguaggio contemporaneo, dove la temporalità si fa fluida e circolare, abbracciando l’intero spettro dell’esistenza umana. La circolarità non solo riflette la struttura del romanzo, ma rappresenta anche la concezione vichiana della storia come una forza in movimento, capace di rinnovarsi incessantemente.


