La ricezione di Vico e il primo Novecento italiano

Giuseppe Ungaretti

«Ecco l’immenso Vico. Ecco la miniera Vico. Venti scienze sono nate dalle sue mille pagine e un nuovo indirizzo al mondo. Libro oscuro, la Scienza Nuova, ma non perché privo di fuoco, ma perché, per arrivare colla sua luce fino all’uomo comune, gli occorreva il campo di tutto il Settecento e il campo di tutto l’Ottocento e gli occorrerà anche il campo di tutta l’esperienza atroce di questo Novecento». Queste parole, tratte da una delle due conferenze che Giuseppe Ungaretti dedica a Vico nel 1937 mentre insegna letteratura italiana all’università di San Paolo, in Brasile, rivestono una notevole importanza, per diverse ragioni.

In primis, perché il poeta riassume con grande chiarezza la complessa storia degli effetti del testo vichiano, di cui viene sottolineata la capacità di reagire in maniera diversa a seconda dei differenti momenti storici in cui esso è stato riletto – con un’attenzione particolare al Novecento, appena iniziato ma già evidentemente molto importante per la ripresa (tragica) di Vico. Secondariamente, perché quest’ultimo viene posto al centro di un percorso critico incentrato su quelli che per Ungaretti sono i tre momenti centrali della storia culturale dell’Europa unita, ovvero Origini, Umanesimo e Romanticismo, rispetto ai quali, pur nelle differenti peculiarità, l’autore della Scienza Nuova si pone come figura capace di unificarne gli aspetti comuni più importanti.

Inoltre, le parole di Ungaretti contribuiscono a rendere chiaro quanto l’importanza che il poeta, qui in veste di studioso e docente, dedica a Vico rappresenti uno snodo centrale della ricezione del pensiero vichiano. La lettura che ne dà Ungaretti rappresenta infatti il primo tentativo di leggere Vico senza Croce, se non addirittura contro Croce. Infatti mentre, da una parte, Ungaretti riconosce al filosofo un ruolo centrale nella valorizzazione e nella diffusione delle idee di Vico, dall’altra gli rinfaccia un eccesso romantico nella sua interpretazione. Se, cioè, «Vico aveva detto: fantasia e memoria», e se «il Romanticismo è sorto negando – negando fino ad un certo punto – negando la memoria», l’errore di Croce è stato quello di credere «che Vico non avesse parlato se non di fantasia e nel suo spirito, intuizione ed espressione non entrano in funzione se non per virtù di sola fantasia». Per Ungaretti vengono così sacrificati sia il versante più storicista della proposta di Vico sia l’importanza che egli attribuisce alla memoria, cosicché «quando Croce non bada alla memoria nella sua estetica cade nello stesso errore cartesiano contro il quale Vico s’era eretto, e toglie alla poesia la sua potenza storica, la separa dal tempo che la rende così umana, la riduce a pura anima, mentre la nostra condizione di perire e la nostra illusione d’immortalità […] non divengono effettive se non affermando la persona umana fatta inscindibilmente di corpo e d’anima».

La rivalutazione della memoria da parte di Ungaretti permette infine di notare quanto Vico sia una presenza centrale nella riflessione teorica del poeta non soltanto nel periodo brasiliano, bensì, sebbene in maniera più sotterranea, già dai primi anni ‘20 (in cui, probabilmente, Ungaretti entra in contatto col pensiero di Vico attraverso l’ambiente della pittura metafisica o quello vociano di Papini). Infatti, è in questo periodo che la poetica ungarettiana si struttura intorno al binomio innocenza-memoria, venendo quest’ultima intesa come la facoltà in grado di organizzare i materiali provenienti dalla fantasia, nuovamente sotto l’egida di Vico: «Tutto quel potere d'evocazione della realtà, quel potere magico di restituire per sempre, muovendo la fantasia, un momento della realtà, l’arte l’ottiene principalmente per una sua forza geometrica».


Bibliografia:

G. Ungaretti, Vita di un uomo. Saggi e interventi, M. Diacono, L. Rebay (a cura di), Mondadori, Milano, 1974.
G. Ungaretti, Vita di un uomo. Viaggi e lezioni, P. Montefoschi (a cura di), Mondadori, Milano, 2000.
D. Luglio, Sentimento del vuoto e memoria dell’assenza. La presenza di Vico nella poetica ungarettiana, in «Revue des études italiennes», I, 2003, pp. 143-156.
M. Migliorati, Il tema delle origini della lingua in Vico e in Ungaretti, «Rivista di letteratura italiana», XXIII, 2, 2015, pp. 115-122.