La ricezione di Vico e il primo Novecento italiano
Giuseppe Bottai
Esponente della corrente revisionista del partito mussoliniano e fondatore del quindicinale «Critica fascista», Giuseppe Bottai è una delle principali figure di raccordo tra la politica di regime e la galassia compositamente antifascista della società delle lettere italiana. Rieletto deputato alla Camera nel 1924 (dopo essere decaduto una prima volta nel 1922 per troppo giovane età), Bottai comincia una lunga attività politica che, da Montecitorio, lo porterà al Ministero delle Corporazioni (di cui sarà sottosegretario dal 1926 al 1929 e ministro dal 1929 al 1932), a quello dell’Educazione nazionale (1936-1943), passando per il governatorato di Roma e la presidenza dell’INPS. Ma Bottai è anche tra i protagonisti del 25 luglio 1943, quando aderisce, insieme ad altri 19 gerarchi, all’Ordine del giorno Grandi, per cercare di ovviare al «tradimento fatto dal Fascismo dopo il 1936 rispetto agli ideali rivoluzionario-sociali che spinsero tutti noi nel Fascismo degli anni ‘20».
Già in un intervento del 1924, apparso sulle pagine di «Critica fascista» e dedicato al settimo centenario dell’Università di Napoli, Bottai affermava di voler «porre in rilievo il valore nazionale del pensiero filosofico e politico meridionale» conferendo un posto di rilievo a «Vico e Bertrando Spaventa», i quali «rappresentano attraverso gli anni la schietta tradizione spirituale italiana» a cui il fascismo deve riferirsi in quanto, per l’appunto, «l’unica davvero italiana». La centralità del pensiero di Vico – il cui nome è qui adoperato come antonomasia critica – viene ribadita, sempre nel 1924, in un discorso dedicato alla Modernità dello stato fascista, nel quale Bottai discute la «concezione moderna dello Stato etico, filosoficamente apparsa in Italia con Machiavelli», «maturatasi con Vico», politicamente promossa dal Nazionalismo e «limpidamente formulata nella filosofia di Croce e di Gentile». Il fascismo – questa l’idea centrale del pensiero di Bottai – si inserisce nella tradizione italiana attraverso la filosofia idealistica, che aveva fatto della critica al razionalismo cartesiano di Vico e della critica all’Illuminismo di Hegel i suoi due capisaldi.
Si tratta di un’idea ricorrente, che Bottai ripete a più riprese: ancora in una conferenza all’Augusteum di Roma nel 1933, esaminando i rapporti tra fascismo e modernità, Bottai avrebbe identificato Vico tra i padri del fascismo. Una vera e propria riappropriazione, che si inserisce all’interno di un contesto per nulla isolato o sporadico. Quando Bottai, nel 1940, inaugura le pubblicazioni della rivista «Primato», ha buon gioco nel proporre, tra gli scrittori arruolati dal fascismo come suoi «precursori», anche Ugo Foscolo, facendone un esponente di quella linea di pensiero che, attraverso Vico, congiungeva Dante e Machiavelli a Mazzini e Gioberti, tracciando i lineamenti di quella «via italiana alla modernità» che Giovanni Gentile aveva contrapposto alla civiltà europea dell’età moderna per escludere il pensiero dei Lumi e la cultura politica rivoluzionaria.
A ciò va aggiunto almeno il forte interesse di quegli anni da parte degli alti ranghi della cultura fascista a consolidare l’Asse tra Italia e Germania attraverso la traduzione di alcuni classici italiani – tra i quali, insieme a Guicciardini, Bruno e Leonardo Da Vinci, doveva figurare anche Vico. Bottai, che aveva ricevuto dal ministro Rust un piano della collezione tedesca di classici italiani, aveva coinvolto Enrico Castelli dell’Istituto di Studi Filosofici affinché predisponesse una risposta: il pericolo insito nella proposta tedesca, rispondeva tuttavia quest’ultimo, risiedeva nel «presentare il pensiero italiano mutilato così da mettere in circolazione un Vico che non parla della Provvidenza o un Gioberti estraneo ai problemi religiosi». Veniva così a crollare l’impalcatura dello Stato etico promosso dal fascismo almeno fino al 1936. È anche questa, in fondo, una delle cause del «tradimento» mussoliniano che porterà Bottai a sottoscrivere l’Ordine del giorno Grandi nel 1943.
Bibliografia:
G. Bottai, L’equivoco antifascista (Il Fascismo nel suo fondamento dottrinario). Conferenza tenuta all’Augusteum in Roma il 27 marzo 1924, in «Critica fascista», a. II, VII, 1º aprile 1924, pp. 395-399.
L. Mangoni, L’interventismo della cultura. Intellettuali e riviste del fascismo (1974), Nino Aragno, Torino, 2002.
G. B. Guerri, Giuseppe Bottai, fascista (1976), Mondadori, Milano, 1996.
L. Di Nucci, Giuseppe Bottai, in Dizionario del fascismo, V. De Grazia, S. Luzzatto (a cura di), 2 voll., Einaudi, Torino, 2005, vol. I, pp. 194-198.
E. Annibale (a cura di), La politica culturale del fascismo. 1. Istituzioni culturali, Istituto Italiano di Studi Germanici, Roma, 2021.
