Merlino e i cavalieri di re Artù: il romanzo delle ‘Prophecies’ all’Archivio di Stato di Bologna
Metamorfosi di Merlino (Bo2a)
Sotto mentite spoglie, Merlino assiste un giovane re Leodagan nella gestione tormentata del suo regno, tra la ribellione di Bertelais e dei suoi baroni, un’irresistibile passione d’amore per la moglie del suo siniscalco, tentativi di pacificazione con i traditori e concitati consigli di guerra. Merlino, sempre sotto mentite spoglie, mette in guardia il re dal tradimento dei suoi e lo consiglia su come averne ragione, si preoccupa inoltre di allontanarlo da unioni diverse rispetto a quella con la figlia del re di Oltre le Marche di Galvoie che gli darà Ginevra, la futura sposa di re Artù. Il brano si intreccia con un episodio incompleto in cui Merlino, sempre applicando la sua capacità di assumere aspetti e forme diverse, è pronto a salvare un’umile giovane donna dalle grinfie di un libidinoso prete.
Bo2a, cc. 1ra-1vb
Prophecies de Merlin, versione lunga (PM2)
In questa parte il racconto dice che quando il sangue del vescovo fu tamponato, Merlino scomparve, così che non fu più visto dentro il castello. E siccome il vescovo credeva di tenerlo e di averlo ancora in suo possesso, rimaneva dentro il castello. Merlino se ne andò alla grande città di Tarmelide, dove trovò re Leodagan, che era molto felice e ben disposto. E quando fu davanti a lui, allora gli disse: “Sire, Dio vi segni”. Ed il re gli augurò che Dio lo benedicesse: «Bel signore, dice Merlino, io sono giunto da un paese molto lontano a causa di una meravigliosa avventura che mi è stato fatto intendere debba avvenire in questo paese». Ed il re gli dice: «Signore, di che paese siete voi? Ditemelo, per favore, e ditemi quale avventura deve accadere in questo paese. — Vi dirò senz’altro tutto questo, fece Merlino, ma in privato, fra me e voi». Ed il re si alzò immediatamente e lo prese per la mano e lo condusse nella sua camera. E quando Merlino fu dentro la camera, gli dice: «Signore, voi foste un tempo il re di Tarmelide, ma adesso non lo siete più. — Come?, fece il re, chi è re dunque? — Signore, fece Merlino, colui che ha tramato per la vostra morte, Bertelais, il fratello di Bertel. — In nome di Dio, fece il re, come lo sapete? — Lo so, signore, fece Merlino, dalla bocca di Merlino, che questo vi manda a dire. — Ah, signore, fece il re, parlate voi di quel Merlino, che un tempo rese noto a Uter che Angis lo doveva uccidere? — Voi dite la verità, fece Merlino. — Bel signore, fece il re, perché non mi dite come è accaduto? — Signore, fece Merlino, dodici dei vostri baroni vi devono uccidere il giorno di Pentecoste, durante il consiglio, e Bertelais deve essere re. Ma sappiatelo: a molto ben vedere, io vi libererò. E badate bene che Bertelais non vi scappi, e che questo sia fatto molto rapidamente. Comandate quindi a Maroneus, il conte dei Rouenz, che se ne vada alla fortezza e lì fatelo catturare dalla vostra gente. Poi fate venire nella vostra camera Alistant, il vostro coppiere, e lì fatelo catturare». Che vi dirò? I dodici baroni furono tutti catturati, tranne Bertelais, che scappò fuori dal regno. I dodici baroni, che furono catturati e legati, non possono negare la loro fellonia né la loro slealtà, così furono uccisi e straziati a valle della città.
Il re era sanza moglie, ma era innamorato della moglie del siniscalco e per quanto la potesse pregare, lei non cedeva al suo desiderio. Un giorno avvenne che Bertalais era penetrato in Tarmelide e aveva con sé una grande compagnia di cavalieri, sia dei suoi sia dei parenti dei baroni che erano stati straziati. Ed essi avevano fatto razzia e devastato ed incendiato la città. Ed il siniscalco era andato loro incontro con una grande compagnia di cavalieri e di sergenti e aveva riscattato il bottino. Ma in ogni caso andò loro malamente, perché Bertelais aveva una guardia di duecento cavalieri che li attaccarono e presero il siniscalco e molti valorosi cavalieri furono uccisi. Ma, per quanto si dessero da fare, non poterono riavere il loro bottino. Allora se ne andarono via dal regno e condussero con sé il siniscalco e molti fra cavalieri e sergenti.
Quando si seppe la notizia che il siniscalco era stato catturato, non vi è da chiedere se vi fosse grande dolore, perché in tutta Tarmelide non vi era un cavaliere più cortese né più valoroso. Sua moglie fu molto addolorata e molto corrucciata e pianse notte e giorno. Merlino andò a corte e quando vede il re, così gli disse: “Sire, Merlino vi manda a dire di non prendere moglie per nessun motivo, con l’unica eccezione della figlia del re di Oltre le Marche di Galvoie: costei sarà una bellissima fanciulla, cortese e assennata. E da voi e da lei sarà generata la più valevole fanciulla e la più […] e la più cortese e la più distinta e la più bella che vi sia in tutto il mondo, al tempo del buon re di Logres». E dopo aver detto questo, scompariva davanti al re, tanto che il re si meraviglia molto di come ciò possa essere accaduto, dato che la sua camera era chiusa e serrata. Ma riflette molto a lungo e in quel pensiero gli sembrò che costui fosse Merlino il Saggio, perché, quando egli era stato nel regno di Logres, Pandragon andava cercando Merlino e quello cambiava d’aspetto secondo la sua volontà. Il re fece immediatamente convocare i suoi, perché fossero pronti in armi al quindicesimo giorno di giugno, per andare con le armi brandite contro Bertelais, che si trovava vicino al suo castello, nel regno di Renz. Allora avreste visto tutti, senza eccezione, preparare le loro armature e le loro armi.
Il re Leodegan era un giovane cavaliere e amava la moglie del siniscalco così intensamente che egli non l'avrebbe potuta amarer di più. Un giorno le disse: «Signora, se voi mi volete accordare il vostro amore, io farò così tanto che, con armi o in un’altra maniera, vi riporterò il vostro signore». La donna, che capisce chiaramente che non gli può sfuggire, tanto lo vede afflitto e angosciato, che allora gli disse con grande imbarazzo: «Signore, se mi volete promettere questo, come re, io ve lo accordo». E quando il re ebbe udito questo, fu così felice e così gioioso come nessun altro in quel momento: «Signora, fece, io vi prometto lealmente come re, o con la pace o con la tregua, o con una battaglia, o mettendo uomini contro uomini, che io vi mostrerò il vostro signore prima che potrò». La dama, che era molto assennata, disse: «Signore, dopo che saprò che il mio signore è in piena libertà e fuori dalle mani di Bertelais, sicuramente potrete fare di me tutto ciò che vi piace». Nel frattempo il termine della convocazione si era avvicinato, tanto che avreste potuto vedere gli uomini prepararsi.
Non appena il re voleva partire cavalcando con tutte le sue armati, ecco quattro cavalieri di quelli che erano stati catturati insieme con il siniscalco. E quando furono davanti al re, allora si inginocchiarono e dissero: «Signore, Bertelais vi manda a dire, come vostro fedele vassallo, che si è preparato per provare la sua lealtà davanti a re Uterpandragon, o per mezzo di battaglia o di torneo, perché lui non ha colpa di ciò di cui i baroni lo hanno messo a capo; e se non volete fare così, egli vi domanda una tregua sino a Natale». Il re convoca il suo consiglio e quando si fu riunito, allora espose il messaggio di Bertelais. A questo consiglio, in quel momento, erano presenti cavalieri del parentado di Bertelais, che sconsigliarono la battaglia e il giudizio davanti a re Uterpandragon. E uno di loro disse: «Signore re, io sono un vostro fedele vassallo per giuramento, allora devo consigliarvi secondo il vostro onore ed per il bene del regno. Nessun uomo è così saggio da tenere il proprio paese in pace per poi cercare di portarlo in guerra, che tale è al mattino, felice e gioioso, e alla sera è invece mesto e corrucciato; e tale è alla sera, ben disposto, e invece al mattino è contrariato. Voi sapete bene che un siniscalco è caduto nelle mani di Bertelais e sapete bene che Bertelais non vi può arrecare danno maggiore che mettendo [a morte] il vostro siniscalco, i vostri cavalieri ed i vostri sergenti. Ed egli stesso si metterebbe a morte perché sa davvero quanto voi amate il siniscalco. E inoltre sapete come il suo castello è protetto sul mare, e come egli non teme nulla, fuorché Dio. Dunque fate il bene, prendete dei due mali il minore: comandategli che vi invii il vostro siniscalco e i vostri cavalieri e i vostri sergenti; ed egli si mette così completamente nelle mani della vostra corte». Furono tutti d’accordo su questo consiglio; e lo stesso re fu d’accordo. Dopodiché il re chiese ai baroni che scegliessero un uomo tale che sapesse riportare bene il messaggio, per andare da Bertelais. I baroni scelsero colui che aveva dato quel consiglio. Le lettere furono scritte e sigillate e il cavaliere fu preparato e partì l’indomani di buon mattino. Intanto, se ne andò Merlino che aveva salvato in quel momento molto bene re Leodegan di Tarmelide dalla morte, non per amore nei confronti del re, ma per amore d’altri.
Un giorno avvenne che Merlino attraccò al porto, ma appena vi fu arrivato prese alloggio presso un popolano dove trovò una fanciulla che piangeva a calde lacrime. E quando egli la vede piangere, allora gli domanda: «Che cosa succede, damigella, perché piangete così fortemente?». Quella alza la testa e si vergogna molto. E Merlino le disse: «Non piangete, damigella, perché io vi libererò dalle mani del prete». La damigella fu molto stupita. E Merlino disse: «Madamigella, non vi è motivo di nascondere che il malvagio prete vuole disonorarvi a forza. Fate così: mandategli a dire che questa notte voi sarete preparata alla sua volontà, e io vi libererò senz’altro dalle sue mani». Tanto le disse Merlino, in un modo e nell’altro, che la fanciulla acconsentì e mandò a dire al prete che quella notte venisse da lei. Quando il prete ascoltò il messaggio della fanciulla, fu tanto lieto e felice come nessun altro. Alla sera, quando il popolano giunse e Merlino gli raccontò l’accaduto, egli fu molto corrucciato: «Signore, dice Merlino al popolano, andatevene presso il re, voi, vostra figlia, e tutta la voglia famiglia, e ditegli, da parte di colui che lo lasciò nella sua camera chiusa e serrata, che vi tenga presso la sua dimora così caramente come avrebbe fatto con quello che gli disse che i baroni lo volevano uccidere». Il popolano se ne andò con sua figlia, perché avevano molta paura del prete, e si mossero subito insieme a tutta la famiglia, e in gran segreto. Quando furono andati via, Merlino prese le sembianze della fanciulla di lì e fu davvero irriconoscibile. E quando il prete giunse, Merlino lo ricevette molto felicemente e gli disse: «Signore, voi siete il benvenuto. — Madamigella, fa il prete, tanto siete ben trovata come meglio avreste voluto». La tavola era imbandita, dato che Merlino l’aveva ben apparecchiata perché voleva dar da mangiare al prete, con ingengo, una ricche portate. Quello bevve e mangiò, e quando ebbe mangiato e bevuto a volontà, Merlino disse: «Signore, guardatemi […]».
(c. 1ra) Ci endroit dit li contes que quant li sanc fu estaint au vesques, Merlin s’esvanoi en tel maniere que puis ne fu dedenz le chastel veüz. Et quant li evesques le cuidoit tenir et avoir en sa saisine, si en estoit dedenz. Merlin s’en ala a la maistre citez de Tarmelide, ou il trova li rois Leodegan que molt estoit envoisiez et a aise. Et quant il fu devant lui, si li dist: «Sire, Deus vos sain». Et li rois li respondi que Deus le beneie: «Beaus sire, fait Merlin, je sui meüz de molte estrange païs por une merveilleuse aventure que l’en m’a fet entendant que doit estre en cest païs». Et li rois li dist: «Sire, de queus païs estes vous? Dites li moi, si vos pleist. Et queus aventure doit avenir en cest païs. — Tot ce vos dirai je bien, fait Merlin, mes ce sera a privé entre moi et vos». Et li rois fu en estant levez et le prist por la main et les mena dedenz sa chambre. Et quant Merlin fu dedenz la chambre, il dit: «Sire, vos fustes jadis li rois de Tarmelide, mes vos ne l’estes. — Coment, fait li rois, qui est rois donc? — Sire, fait Merlin, celui qui vostre mort ot porparlee, Bertelais, li frere Bertel. — En non Deu, fait li rois, coment le savez vous? — Je le sai, sire, fait Merlin, par la boche de Merlin qui ce vos mande. — Ha! Sire, fait li rois, dites vos de celui Merlin qui jadis fist savoir Uter que Angis le devoit ocire? — Vos dites verité, fait Merlin. — Beau sire, fait li rois, quar me dites coment est ce. — Sire, fait Merlin, .XII. voz baron vois doit ocire le jors de Pentecoste, au conseil, et Bertelais doit estre rois. Mes savés lo bien que je vos delivrerai [a] mult bien garder. Et gardez bien que il ne vos eschampe et ce soit fait mult celeerment. Aprés mandez a Maroneus, li cuens des Rouenz, que il s’en aut au chastel fort et illec le faites prendre a voz genz. Puis faites venir en vostre chambre Alistant, vostre boteilliers, et illec le faites prendre». Que vos diroie? Tuit furent pris li .XII. baron, fors solement Bertelais et cil s’enschapa fors dou regne. Li .XII. baron que pris furent et lié ne puent celer lor felonie ne lor desloiauté, ançois furent destruit et trainé a val la vile.
(c. 1rb) Li rois estoit sanz feme, mes il amoit por amors la feme au seneschal et neporquant onques ne la puet tant preier qu’ele feïst sa volenté. Un jors avint que Bertalais estoit entrez en Tarmelide et avoit grant conpaignie de chevalier que de sien que dou parenté as barons que furent trainez. Et avoient proie prise et vile gastee et mis en[cende]. Et li seneschaus estoit alez a l’encontre a grant conpaignie de chevalier et de serjanz et avoient rescosse la proie. Mes de tant lor avint mauvesement que Bertelais avoit un regait de .CC. chevalier [que] ferirent en aus et pristrent le seneschaus et main bon chevaliers furent ocis. Mes on[ques] ne porent tant travaillier que il lor proie poüssent recourrer. Ançois s’en alerent hors du roiaume et menerent avec aus le seneschaus et [moult] que chevaliers que serjant.
Quant la novelle fu seüe que pris estoit le seneschaus, ne domandez se grant fu la dolor, [que en] tot Tarmelide n’estoit plus cortois chevalier ne plus vaillant. Sa feme estoit mult dolante et mult corrociee et ploroit nuit et jorz. Merlin s’en ala a cort e quant il voit le roi, si li dist: «Sire, Merlin vos mande que vos ne prenez [feme] en nulle maniere, fors solement la file dou roi d’Outre les Marches de Galvoie, et ce sera une mult bele damoisele cortoise et saige. Et de vos et de li istra la plus vaillant damoisele et la meuz […] et la plus cortoise et la meuz enachiee et la plus bele que au tens dou bon roi de Logres soit en toz le monde». Et quant il a ce dit, il s’esvanoi devant lui en tel maniere que li rois se merveille mout coment ce puet estre devenuz, que sa chambre estoit coie et seree. Mes il pense mult longuement et en cel penser li fu avis que ce fust Merlin li Sage, a ce que, quant il fu au roiaume de Logres que Pandragons aloit Merlin cherchant et que il prenoit semblance a sa volenté. Maintenant fist li rois semondre sa gent que il fussent apareilliee as armes la quincain de jugnet, por aler a hoz bandie sor Bertelais, que marchisoit son chastel au roiaume dou Renz. Lors veissiez gent comunement apareillier lor hernois et lor armes.
Li rois Leodegan estoit jeones bacheler et amoit la feme dou seneschal si destroitement que il ne la pooit plus amer. Un jorz li dist: «Dame, se vos me volez otroier vostre amor, je porchacerai tant por hoz [ou] por autre maniere que je vos ra-(c. 1va)-marai vostre seignor». La dame, que bien voit apertement que eschaper ne li pooit, tant le voit destroit et angosseus, si dist mult honteusement: «Sire, se vos ce me volez acreanter come roi, je l’etroi». Et quant li rois oi ce, il fu tant liee et tant joieus que onques a son tens ne fu plus: «Dame, fait il, je vos creant loiaument come rois, our par pais ou par triue, ou por bataille, ou por gens contre genz asembler, que je v’ostendrai vostre seignor au plus astivement que je porai». La dame, qe mout estoit saige, dist: «Sire, aprés ce que je mon seignor savrai en sa delivre poesté et hors des mains Bertelais, seurement poez fere de moi tot ce que vos pleist». Maintenant li terme de la semonse fu aprochiez, lors peussiez veoir gent apareillier.
Endementrés que li rois voloit chevauchier a tot son honz, atant ce vos .IIII. chevaliers de cels que pris furent avec le seneschaus. Et quant li furent devant li roi, si s’ageneiluere[n]t et distrent: «Sire, Bertelais vos mande com a son seignor lige, que il est aparielliez de soi esloiauter devant li rois Uterpandragon, ou por bataille ou por jostre. Que de ce que li baron li mistrent sus il est senz coupe; et se ce ne volez fere, il vos demande triues dusques au Noël». Li rois mande son conseil et quant il fu asemblez, si lor retraist la parole de Bertalais. A ce conseil s’etoient maintenant chevalier dou parentez Bertelais que la bataille et le juise devant li rois Uterpandragon destornerent. Et un d’aus dist: «Sire roi, je suiz voz hom lige et vos jurez, si doi vos conseillier a honor de vos et au preuz dou regne. Nus hom n’est bien saige que puet son païs tenir en pés et puis le porchace mettre en guerre, que teus est au matin ‹est a mal aise› liez et joianz que au soir est mez et corruciez; et teus est au soir aisé que au matin est a mal aise. Vos savez bien coment un seneschaus est chaüz es mains Bertelais et savez bien que Bertelais ne vos poroit plus corocier com de metre [a mort] vostre seneschaus et voz chevaliers et voz serjant. Et il se mete a mort et il sa tot de voi coment vos l’amez. Aprés savez coment sos chastel est fermez desor la mer et coment il ne criembe nulle riens fors Deu. Mes faites lo bien, prenez des dous maus li mendres: mandez li quel il vos envoie vostre seneschaus et vos chevaliers et voz serjant; et il se mete dou tot en les gart de vostre cort». A ce con-(c. 1vb)-seil s’acorderent tuit et un et autre; et meesmesment li rois si acorda. Aprés dist li roi as barons que il eslissent teus hom por aler a Bertelais que bien saiche la parole retraire. Li baron eslirent celui que le conseil avoit doné. Les letres furent escrites et scelees et li chevalier fu apareilliez et mut lendamain molt matin. D’autre part s’en ala i Merlin qui bien a delivrez li roi Leodegan de Tarmelide de mort a celui point non pas par l’amor de lui mes por autri.
Un jor avint que Merlin aprocha au port, mes ancois qe il i fust venuz, se herberja chiens uns vilains ou il trova une demoisele que ploroit a chaudes larmes. Et quant il la voit plorer, si li demande: «Qu’est ce, damoisele, que si durement plorez?». Cele lieve la teste et fu mult honteuse. Et Merlin li dist: «Ne plorez, damoisele, qe je vos delivrerai bien des mains au provoire». La damoisele fu mult esbahie. Et Merlin dist: «Madamoisele, ci n’a mestier celer que li mauvais provoire vos veut honir a fine force. Faites lo bien, mandez li que vos serez ceste nuit apareilliee a sa volenté. Et je vos osterai bien de ses mains». Tant li dist Merlin, d’une maniere et d’autre, que la damoisele si acorda et mande li provoire que la nuit venist a li. Quant li provoire oi li mandement a la damoisele, il fu taint lié et tant joios que nus plus. Au soir, quant li vileins fu venuz et Merlin li dist la parole, il fu mult corrociez: «Sire, fait Merlin au vilein, alez vos en au roi et vos et vostre fille et tote vostre masnie et li dites de part celui que en sa chambre coie et seree le lessa, que il vos tiegne en son ostel ansi chier com il feroit celui meismes que li dist que li baron le voloient ocire». Li vileins s’en ala et sa fille, que grant paor avoient del provoire et murent maintenant a tote sa masnie, et ce fu molt coiement. Quant il furent alé, Merlin prist la semblance a la damoisele de leenz et mult fu acesmez. Et quant li provoire fu venuz, et Merlin li reçut mult lietement et li dist: «Sire, vos siez li bienvenuz. — Madamoisele, fait li provoire, tant soiez bien trovee com vos meauz voudroiz». La table estoit dreciee, que bien avoit Merlin apareilliee ce que il voloit au provoire doner a mangier por engin grant merle. Cil but et menja, et quant il out mangié et beü a volenté, Merlin dist: «Sire, veez moi que […]».