La ricezione di Vico e il primo Novecento italiano

William Butler Yeats: introduzione

Figura centrale del modernismo anglo-irlandese, William Butler Yeats fu poeta straordinariamente prolifico, drammaturgo, senatore dello Stato Libero d’Irlanda, nonché instancabile animatore della rinascita culturale irlandese. Vincitore del Nobel nel 1923, attraversò da protagonista i fermenti spirituali, politici e intellettuali del suo tempo. Tra le sue opere, una in particolare sposa i dettami della letteratura moderna: A Vision, un’opera filosofica e simbolica che aspira a decifrare i cicli della storia attraverso un sistema mitico, quasi oracolare.

Pubblicata in due versioni (1925 e 1937), A Vision nasce da un’esperienza inusuale: una serie di sedute di scrittura automatica condotte con la moglie Georgiana Hyde-Lees a partire dal 1917. Durante questi incontri medianici, invisibili “istruttori” dettano al poeta immagini, concetti e schemi simbolici. A Yeats tocca l’arduo compito di dare forma coerente a questo materiale caotico: «No other theme made me so timid», dà nota in A Vision, rivelando la difficoltà di un’impresa tanto ambiziosa.

Ma questa visione della storia come successione ciclica di età, culture e archetipi non è del tutto inedita. Quando Yeats scopre Il tramonto dell’Occidente di Oswald Spengler, nella traduzione inglese del 1926, rimane colpito dalla sorprendente consonanza con le proprie intuizioni: «I found there a correspondence too great for coincidence». Inizia così a cercare le fonti di quel modello, e le trova proprio in Giambattista Vico.

Come ha puntualizzato Enrico Reggiani (William Butler Yeats e l’Italia, in The compl[i]mentary dream, perhaps, Aracne, 2012, pp. 147-161), Yeats non conosce l’italiano quando, tra gli anni Venti e Trenta, vuole avvicinarsi alla Scienza nuova. Deve dunque affidarsi a mediatori che gli permettano di accedere, almeno contenutisticamente, all’originale. Il più influente, e più facilmente raggiungibile sul mercato librario, è sicuramente Benedetto Croce: la sua Filosofia di Giambattista Vico (1911), letta da Yeats in parallelo al quinto capitolo dell’Estetica, è per lui un’autorevole via d’accesso al pensiero del filosofo napoletano; senza Croce, Yeats non sarebbe riuscito a reperire così tante informazioni su Vico, sulla sua vita e sulla sua opera. Ed è proprio nel passaggio dalla prima alla seconda versione di A Vision che la monografia di Croce gioca un ruolo decisivo.

Non stupisce, pertanto, che il nome di Vico si trovi citato in più pagine di A Vision: esplorando i tre riferimenti a Vico nella versione del 1937, si comprende come Yeats riprenda e rielabori le idee del filosofo attraverso la lezione crociana. Un confronto con la Scienza nuova rivela infatti sorprendenti affinità nei concetti di ciclicità storica e antropologia mitologica, tanto a livello esplicito quanto – più sorprendentemente – a livello implicito.