La ricezione di Vico e il primo Novecento italiano

«transition»: Our Exagmination Round His Factification for Incamination of Work in Progress

La rivista «transition» fu un punto di riferimento per gli intellettuali del modernismo europeo, fungendo da piattaforma tanto per la diffusione di idee rivoluzionarie in campo letterario, quanto per l’alimentazione continua di un fervente dibattito critico. Pensata come spazio atto ad ospitare sperimentazioni linguistiche e audacie teoriche, essa offrì per prima un contesto critico d’eccezione in cui leggere il Work in Progress di Joyce: tra il 1928 e il 1929, ospitò una serie di saggi firmati da scrittori e intellettuali come Samuel Beckett, Eugene Jolas, Robert Sage e altri. Pur nella loro forma ancora embrionale, questi contributi iniziarono a svelare i meccanismi compositivi dell’opera joyciana, commentandone la densa impalcatura filosofico-letteraria ed estetica.

Questo progetto critico, inizialmente dislocato nei vari numeri della rivista, si trasformò in un unico volume che apparve nel 1929, intitolato Our Exagmination Round His Factification for Incamination of Work in Progress. Qui i dodici autori (come i dodici apostoli) ripresero e ampliarono i loro saggi, integrandoli con glossari, note e approfondimenti. Il passaggio da «transition» all’Exagmination segnò un’evoluzione decisiva: da raccolta episodica di letture d’autore a impresa strutturata, destinata a fungere da guida ufficiale all’opera in divenire di Joyce. Un gesto editoriale straordinario, non solo per l’inedita sinergia tra scrittore e critici, ma per l’intenzione stessa che lo animava: rendere pubblicamente leggibile, e in una certa misura legittimabile, un’opera tutt’altro che accessibile con facilità.

Dietro l’apparente coralità del volume, si celava in realtà un’intelligente regia autoriale. «I did stand behind those twelve Marshals more or less directing them what lines of research to follow» (Joyce, James (1975), Selected Letters, ed. by R. Ellmann, The Viking Press, New York, p. 345), scrisse Joyce a Valery Larbaud all’indomani della pubblicazione del libro, rivendicando con disarmante onestà intellettuale il suo ruolo centrale nell’intera impresa. Questa dichiarazione, a metà tra confessione e strategia, rivela l’inventiva egoreferenziale del progetto: Joyce orchestrava un tributo critico al proprio genio in tempo reale, mentre l’opera andava prendendo forma, e sfruttava «transition» come amplificatore sulla scena internazionale. Non si trattava solo di un autore che accoglieva interpretazioni sul proprio lavoro: era un autore che ne suggeriva da sé le chiavi, guidando i suoi esegeti come un direttore d’orchestra tanto talentuoso quanto puntiglioso.

Our Exagmination fu dunque molto più di una raccolta di saggi: divenne un vero e proprio dispositivo critico, concepito per affiancare l’opera sul piano della ricezione e della comprensione. Sul mercato librario, risultava anche più accessibile rispetto ai singoli numeri di «transition», diventando così la prima vera porta d’ingresso al Work in Progress per lettori e studiosi. Ma ciò che rende oggi questo volume particolarmente prezioso è il modo in cui, in quelle pagine, si trovano le prime, concrete tracce della mediazione joyciana di Giambattista Vico. Non il Vico degli storici della filosofia, ma un Vico rielaborato, reinventato e fatto proprio da Joyce – un Vico in scena, in dialogo diretto con il modernismo anglofono, al contempo in àmbito narrativo e critico.

In questo laboratorio, le intuizioni vichiane (il corso e ricorso della Storia, la centralità del linguaggio, la tensione tra mito e ragione) affiorano in filigrana, come coordinate profonde dell’impianto concettuale joyciano. La geniale trovata dell’Exagmination è dunque duplice: da un lato, essa offre uno strumento di orientamento per un testo ancora in gestazione; dall’altro, costituisce invece una fonte unica per osservare l’operazione joyciana di riscrittura della tradizione europea. Una riscrittura che, grazie alla complicità della cerchia di «transition», diventava nello stesso tempo personale e collettiva, sperimentale e filologica.