La ricezione di Vico e il primo Novecento italiano
William Butler Yeats: “A Vision”
Tra i testi più enigmatici e affascinanti della produzione di Yeats, A Vision è un’opera a dir poco singolare e sfaccettata: è al tempo stesso opera poetica, trattato filosofico, sistema esoterico e autobiografia spirituale. In questo libro complesso e visionario, Yeats fonde poesia e prosa secondo un progetto formale ibrido, costruito attorno a un’esperienza peculiare: le sedute di scrittura automatica condotte con la moglie Georgiana Hyde-Lees a partire dal 1917.
Le voci evocate in quelle sedute, canalizzate e interpretate da Yeats, costituiscono il primo nucleo di A Vision, pubblicato in una prima versione nel 1925 e poi in una seconda, più matura e sistematica, nel 1937.
L’esperienza medianica non è solo un espediente narrativo, ma il vero e proprio fondamento metodologico dell’opera: grazie alla scrittura automatica, Yeats sente di poter accedere a un piano di conoscenza superiore, elaborando un sistema simbolico che intreccia astrologia, numerologia, geometria sacra, mitologia, storia e cosmologia. Il suo obiettivo è ambizioso: costruire un modello che descriva l’intero funzionamento dell’universo, dai moti celesti all’evoluzione dello spirito umano, passando per le leggi cicliche della storia.
A Vision è il tentativo di rappresentare la realtà come un grande insieme organico, dove eventi storici, traiettorie planetarie, miti antichi e vicende personali si rispecchiano e si corrispondono nella successione delle fasi universali. L’opera ha un forte carattere esoterico, ma è al contempo un libro profondamente autobiografico: è lo specchio del pensiero e dell’immaginario di Yeats, un viaggio nelle profondità della sua mente e della sua visione del mondo.
La seconda redazione, pubblicata nel 1937, è più ricca e rifinita: l’autore vi inserisce un nuovo libro, The Completed Symbol, dove espone la struttura simbolica su cui si basa il suo sistema e riflette sulle fonti culturali che ne hanno alimentato l’elaborazione. Tra queste spicca, in tre precisi passaggi, il nome di Giambattista Vico.
Yeats non conobbe Vico in modo diretto, ma attraverso la mediazione fondamentale di Benedetto Croce e della sua Filosofia di Giambattista Vico (1911), opera che lo scrittore irlandese cita esplicitamente in A Vision. Dalla lettura di Croce, Yeats assorbe alcuni principi essenziali del pensiero vichiano: l’idea che la storia segua corsi e ricorsi, la centralità del mito come forma di conoscenza primitiva, la concezione dell’uomo come creatore della propria storia. E, soprattutto, il principio del verum/factum, secondo cui solo ciò che l’uomo ha fatto è anche ciò che può conoscere davvero.
Pur manipolando liberamente queste idee – filtrate e trasformate all’interno del proprio sistema – Yeats riconosce in Vico un precursore essenziale di quel pensiero ciclico e simbolico che anima la sua filosofia. La presenza di Vico in A Vision, seppur indiretta, è tutt’altro che marginale: essa illumina una delle fonti più profonde del pensiero di Yeats e testimonia il dialogo sotterraneo, ma fecondo, tra la cultura italiana del primo Novecento e una delle voci poetiche più alte della modernità europea.

