La ricezione di Vico e il primo Novecento italiano

Remo Cantoni

Ritrovare Remo Cantoni tra i continuatori del pensiero vichiano potrebbe risultare strano a primo impatto, soprattutto per quanto riguarda il suo rapporto con Benedetto Croce. Cantoni, infatti, allievo di uno studioso non propriamente crociano come Antonio Banfi, si muove in aperta opposizione al Croce principale interprete e diffusore del pensiero di Vico, in Italia e non solo. Ed è proprio intorno alla rielaborazione di alcuni nuclei portanti del pensiero vichiano che si condensano le maggiori differenze tra i due. 

Esempio particolarmente significativo è Il pensiero dei primitivi. Preludio a un'antropologia filosofica, pubblicato da Cantoni nel 1941. Nella prefazione acclusa all’edizione del 1963, emerge con grande chiarezza quale fosse l’obiettivo polemico del testo: «Il pensiero dei primitivi già più di venti anni fa – nota Cantoni – costituiva una protesta contro le insufficienze di un invecchiato umanismo e una proposta di avviare nuove ricerche in campi di studio che la filosofia ufficiale italiana, nonostante la geniale tradizione aperta da Vico, non percorreva o metteva al bando dalla cultura umanistica, ritenendoli prerogativa delle scienze naturali». Come nel caso di Pettazzoni, anche Cantoni presenta la sua ricerca sotto l’egida di Vico, che diviene così un altro Vico possibile accanto a quello crociano. 

Muovendo soprattutto degli studi di Cassirer e Lévy-Bruhl, lo studioso intende rivalutare il pensiero primitivo e la sua centralità nella storia dell’uomo: se «il pensiero primitivo è stato posto ora al margine della vita spirituale come il mondo dell’errore e dell’arbitrio, ora intravisto come una forma essenziale al ritmo e al divenire della vita spirituale stessa», obiettivo specifico di Cantoni è situarsi tra questi due orientamenti e offrire una sintesi che riesca a rivalutare il mondo primitivo senza cadere nell’irrazionalismo. La posta in gioco si fa subito molto più ampia della sola ricerca antropologica, dal momento che, tramite lo studio del pensiero primitivo, Cantoni mira a fornire un ritratto dell’uomo più ampio e più completo e, soprattutto, intende tratteggiare un quadro che tenga insieme pensiero razionale e pensiero mitico. Quest’ultimo non rappresenta né un errore lungo il corso dell’evoluzione umana né una pagina lontana e irraggiungibile della sua storia, bensì una modalità di conoscenza, interpretazione e creazione del mondo che permane anche nell’uomo moderno, accanto (e non dopo, né cronologicamente né assiologicamente) al pensiero razionale: «Oltre la rete dei rapporti razionali, si stende sull’esperienza la rete fitta delle partecipazioni e l’una è astratta e impensabile senza l’altra. Non solo il pensiero partecipazionista e mitico penetra di continuo nel pensiero scientifico e razionale, e il pensiero razionale conferisce forma teoretica al mito […]; il pensiero primitivo è la realtà storica nella quale meglio si concreta e si esprime il pensiero partecipazionista, ma la nostra esperienza spirituale, individuale e collettiva, si muove, ancora oggi, per gran parte, nella partecipazione».

In questo modo Cantoni rielabora la connessione vichiana tra filogenesi e ontogenesi e, muovendo dall’analisi del pensiero primitivo, arriva a proporre una più ampia antropologia filosofica: egli delinea infatti una visione dell’uomo moderno che da Vico riprende proprio la compresenza di stati psichici diversi, di cui alcuni affondano negli anfratti più mitici e reconditi della psiche umana. Un Vico, dunque, molto lontano dall’inventore dell’estetica immaginato da Croce.


Bibliografia:

R. Cantoni, I primitivi. Preludio a un’antropologia, Garzanti, Milano, 1941.
M. Cappuccio, A. Sardi (a cura di), Remo Cantoni, Mondadori, Milano, 2007.
F. Papi, Vita e filosofia. La scuola di Milano: Banfi, Cantoni, Paci, Preti, Guerini e Associati, Milano, 1990.
N. Spineto, Storia e storici delle religioni in Italia, Edizioni dell’Orso, Alessandria, 2012.