La ricezione di Vico e il primo Novecento italiano
«Letteratura»
Anche l’esperienza di «Letteratura» inizia e termina nel segno di Vico. Si tratta, come nel caso di «Solaria» – con la quale «Letteratura» si pone in assoluta continuità –, di un interesse che matura a partire dal pensiero crociano, ma che presto si precisa in termini decisamente più polemici. Di questo rapporto conflittuale, d’altronde, reca traccia lo stesso nome della rivista: laddove Croce aveva operato una distinzione tra poesia e letteratura – la prima opera di verità, la seconda di civiltà, la prima «lingua materna del genere umano», la seconda sua «istitutrice» –, la scelta del direttore Alessandro Bonsanti e dei suoi sodali suona come una provocatoria ma indicativa disposizione. E non solo perché, negli anni in cui «Letteratura» va in stampa, si consumano di fatto gli eventi più drammatici del secolo – anni di vera e propria barbarie, di fronte ai quali i redattori della rivista oppongono un’idea forte, ancorché soltanto letteraria, di civiltà –, ma anche perché evidenzia una presa di posizione ben precisa nei confronti del pensiero che più di tutti era stato brandito, in quegli anni, come vessillo del primigenio e dell’originario: quello, per l’appunto, di Giambattista Vico.
Se da un lato, infatti, i riferimenti al pensatore napoletano sono molteplici e ben distribuiti lungo l’intero arco temporale della prima serie di «Letteratura», dall’altro manifestano un mutamento qualitativo nei suoi confronti. Pur facendo ancora perno sulla generale buona disposizione dell’intero spettro culturale nei confronti di Vico, il suo nome e la sua opera non sembrano più impiegati con valore di «antonomasia critica» – in grado di comunicare, tramite il suo momento aurorale, l’intera genealogia del pensiero italiano moderno –, bensì in termini più ambivalenti e problematici. Ambivalenti, in quanto più che mai in questi anni il nome Vico viene utilizzato come «lasciapassare critico», riferimento accettato dalla cultura di regime ma leggibile anche in chiave antifascista, secondo l’ideale della «dissimulazione onesta»; problematici, perché tra le più ferme intenzioni degli animatori di «Letteratura» sembra esserci quella di storicizzare la ricezione del pensiero vichiano, sottraendola all’interpretazione trascendente che ne aveva dato Croce.
Se di questa ambivalenza rende conto la mole non trascurabile di scritti critici, soprattutto recensori, all’interno del quale Vico viene utilizzato come senhal, spesso per convogliare, sotto la superficie, significati contrari alla vulgata – «si è pensato, dopo Vico, all’infanzia come all’età ai miti e alle favole [...]. Ma il possesso di questa ingenuità implica, alla fine, un grande sforzo, una riconquista» (L. Anceschi); «La storia della filosofia, nel senso scolastico e, diciamo, volgare in generale [...] (Epicuro Aristotele Tommaso Cartesio Leibniz Vico Hegel)» (O. Macrì) –, risponde al criterio della problematicità soprattutto la rubrica Da «La Voce» a «La Ronda», vera e propria serie di retrospettive che, nel corso degli anni, darà risalto a una serie di figure (da Cecchi a Boine, da De Robertis allo stesso Croce) legate al pensiero di Vico almeno quanto i suoi compilatori. D’altro canto, riportare in luce l’«onesta opera della “Voce” e della “Ronda”» era, insieme a quello di «esaminare le lettere straniere del nostro tempo e segnalare quello che si produce di meglio da noi di giorno in giorno», il primo dei compiti della rivista.
All’interno di «Letteratura», per esplicita ammissione dello stesso Bonsanti, doveva essere altrettanto possibile trovare «il saggio sul Vico e la novella dello scrittore del giorno e l'articolo su Lévy-Brühl e i Selvaggi»: una serie di contenuti eterogenei, la cui «unità drammatica» andava ricercata nella stessa libertà di spirito del suo lettore (Pietrasanta, Corsivo), ma al contempo saldamente ancorati a una linea di ricerca duplice, che faceva perno da una parte sulla questione dell’origine e dall’altra sulle possibilità civilizzatrici della cultura contemporanea. D’altronde, a dieci anni dal termine della sua prima serie, l’esperienza di questa rivista sarebbe stata interamente ricompresa in termini esplicitamente vichiani da Giansiro Ferrata: «Letteratura» era stata un tentativo di «raggiungere un linguaggio omogeneo in merito all’antico e al moderno, al vero della fantasia e al certo della cultura».
Bibliografia:
Pietrasanta (pseud. A. Bonsanti), Corsivo, «Letteratura», I, 1, 1937, pp. 146-149.
G. Ferrata, Da «La Voce» a «La Ronda». Emilio Cecchi, «Letteratura», I, 1, 1937, pp. 93-111.
Id., Da «La Voce» a «La Ronda». Benedetto Croce (II), «Letteratura», II, 5, 1938, pp. 119-137.
L. Anceschi, Distinzione nell’arte, «Letteratura», II, 3, 1939, pp. 11-20.
O. Macrì, Intorno ad alcune ragioni non formali della poesia, «Letteratura», III, 3, 1939, pp. 141-53.
Id., Da «La Voce» a «La Ronda». Giovanni Boine, «Letteratura», III, 4, 1939, pp. 123-41.
Id., Recensione a T. Landolfi, Dialogo dei massimi sistemi, La Pietra Lunare, Il Mar delle Blatte e altre storie, «Letteratura», IV, 2, 1940, pp. 144-148.
L. Anceschi, Da «La Voce» a «La Ronda». Giuseppe De Robertis (II), «Letteratura», V, 1, 1941, pp. 80-93.
M. Masciotta, III. La pittura metafisica, «Letteratura», V, 3, luglio-settembre 1941, pp. 113-120.
S. Joyce, Ricordi di James Joyce (II), «Letteratura», V, 4, ottobre-dicembre 1941, pp. 23-35.
G. Contini, Oretta, «Letteratura», V, 4, ottobre-dicembre 1941, pp. 47-51.
A. Seroni, Recensione a G.B. Angioletti, Donata, Le Monnier, Firenze 1941 («Quaderni di letteratura e d'arte raccolti da Giuseppe De Robertis», n. 2), «Letteratura», VI, 2, aprile-giugno 1942, pp. 97-101.
P. Bigongiari, Le origini della poesia, «Letteratura», VI, 3, luglio-dicembre 1942, pp. 3-9.
M. Bontempelli, Galileo poeta, «Letteratura», VII, 1, gennaio-aprile 1943, pp. 15-24.
L. Caretti, Recensione a G. Contini, Saggio d'un commento alle correzioni del Petrarca volgare, Sansoni, Firenze, 1943, pp. 59 (n. XXVIII della collezione «Leonardo»), «Letteratura», VIII, 1, gennaio-febbraio 1946, pp. 111-114.
G. De Robertis, Il discorso manzoniano sulla storia lombarda nella sua prima edizione, «Letteratura», VIII, 3, maggio-giugno 1946, pp. 79-92.
V. Stella, Recensione a L. Anceschi, Idea della Lirica, Edizioni di Uomo, Milano, 1945; Civiltà delle lettere, Istituto Editoriale Italiano, Milano, 1945; Eugenio d'Ors e il nuovo classicismo europeo, Rosa Ballo, Milano, 1945 ; E. D’Ors: Del Barocco (con un Rapporto sull'idea di Barocco di L.A.), Rosa e Ballo, Milano, 1945; L. Anceschi, D. Porzio, Poeti antichi e moderni tradotti dai Lirici nuovi, Il Balcone, Milano, 1945; E. Delacroix, Essenza della pittura romantica, trad. e introd. di L. A., Gentile, Milano, 1945 ; T. S. Eliot, Il Bosco sacro (trad. con un saggio introduttivo di L. A. sul Primo tempo estetico di Eliot), Muggiani, Milano, 1946; J. A. D. Ingres, Note e pensieri (con introd. di L. A.), Minuziano, Milano, 1946, «Letteratura», VIII, 5, settembre-ottobre 1946, pp. 129-136.
M. Mila, Recensione a G. Gavazzeni, Parole e suoni, Il Balcone, 1946, «Letteratura», VIII, 5, settembre-ottobre 1946, pp. 137-141.
R. Poggioli, Classicismo di Pascal (III. Letteratura e religione), «Letteratura», IX, 3, maggio-giugno 1947, pp. 3-16.
P. Toynbee, Uno studio sull’«Ulisse» di Joyce, «Letteratura», IX, 4-5, luglio-ottobre 1947, pp. 42-49.
P. P. Trompeo, La fontana del principe di Guermantes, «Letteratura», IX, 6, novembre-dicembre 1947, pp. 55-60.
