La ricezione di Vico e il primo Novecento italiano

“Finnegans Wake”: la «Devine Previdence»

Tra i concetti vichiani ripresi da Joyce in Finnegans Wake, la Divina Provvidenza occupa un ruolo di primo piano. Definita da Vico come la «Regina delle faccende degli uomini» (I, Degli elementi, SN44ISPF p. 84), nella Scienza nuova essa guida la storia umana attraverso i princìpi del corso e del ricorso, garantendo la sopravvivenza della società. Joyce la impiega come elemento integrante della propria narrazione, alludendovi in chiave parodica e distorcendola a livello linguistico, impiegando espressioni quali «providencer’s divine» (237, 5-6) o «devine previdence» (62, 7-8), dando così vita a un lessico nuovo in cui è quanto mai chiara la traccia del pensiero vichiano.

Il legame tra Provvidenza e ciclicità è evidente in passi come il telegrafico «Giant crash in Aden. Birdflights confirm abbroaching nubtials. Burial of Lifetenant-Groevener Hatchett, R.I.D. Devine’s Previdence» (324-325, 36-2), dove Joyce rappresenta la sequenza vichiana di catastrofe, unione, morte e rinascita: il mondo si sgretola nello scontro tra H.C.E. e A.L.P.; compaiono segni premonitori, segue una sepoltura; e infine la Provvidenza riattiva il ciclo storico. Come in Vico, la Provvidenza joyciana non è un’azione diretta, ma una forza sotterranea che governa la ripetizione degli eventi, regolando il divenire della storia umana.

La riflessione di Joyce sulla Provvidenza ha suscitato un ampio dibattito critico. Ad esempio, Beckett suggeriva che l’autore del Wake andasse oltre Vico, trasformando la sua triade in una struttura quadripartita, dove la Provvidenza diventa una quarta età. Secondo questa lettura (così come quella di Dustin Peone), Joyce non si limita a riprendere il modello vichiano ma lo espande, chiudendo il ciclo in modo più netto e creando quello che Fabio Pedone ha definito «schema 3+1». Tuttavia, è altrettanto vero che il quarto libro del Wake non introduce un’epoca aggiuntiva, ma realizza il ricorso, riannodandosi al primo libro e mantenendo così la perfetta circolarità del testo, risolvendo la quadripartizione con un simbolico ritorno alla triadicità.

Pertanto, Joyce non tradisce Vico ma lo reinventa: la sua narrazione è costruita sulla ricorrenza del numero tre, rispettando la divisione della società su cui si basa la Scienza nuova e trasponendola in una macchina narrativa che incarna il continuo rifluire della storia. Nel Wake, come in Vico, la fine è sempre un nuovo inizio, e la Provvidenza non è altro che l’energia inarrestabile che spinge il mondo a rinascere incessantemente; la sua azione è nascosta nelle pieghe della lingua e del tempo, nel gioco vertiginoso dei significati che Joyce intesse nel suo testo. Il lettore, proprio come l’interprete di Vico, è chiamato a decifrare i segni della Provvidenza, immergendosi in una narrazione che non si limita a raccontare il ciclo della storia, ma lo riproduce e lo rende esperienza viva.


Bibliografia:

F. Pedone, Ordovico or viricordo. La coscienza nuova di tempi, memorie, storie in Finnegans Wake, in J. Joyce, Finnegans Wake, tr. it. F. Pedone, E. Terrinoni, Mondadori, Milano, vol. 6, pp. XII-LXVII, 2019.
D. Peone, Vico and Literature. One Character in Search of an Author, PhD dissertation, Mercer University, 2023.