Merlino e i cavalieri di re Artù: il romanzo delle ‘Prophecies’ all’Archivio di Stato di Bologna

L'ipocrita Argistres e il piccolo Merlino (Bo4a)

Nel corso di una lunga analessi sull'infanzia di Merlino, l'eremita Helias racconta a Perceval, cavaliere della Tavola rotonda, aneddoti sull'infanzia del profeta; dopo aver salvato la madre dal processo intentatole a causa della sua nascita prodigiosa e oscura, Merlino proclama pubblicamente tutta la sua saggezza: nonostante sia poco più di un neonato, egli conosce tutti i segreti degli abitanti della città e li disvela, scagliandosi contro vizi e peccati che gravano sui suoi concittadini. Guadagnata la fiducia del vescovo di Northumbria, nel nord dell'Inghilterra, diviene suo consigliere fidato: il giovane profeta gli rivela profezie sul suo futuro, su quello dei suoi fedeli e su quello di terre, regni, città d'Europa e d'Italia.

Un giorno, mentre il vescovo e il piccolo Merlino sono in chiesa, sopraggiunge Argistres, noto benefattore di poveri e indigenti; appena il profeta lo scorge, in povere vesti e atteggiato piamente ad elargire le sue elemosine, scoppia in una fragorosa risata: è contro quelli simili a quell'uomo che Cristo ha messo in guardia i suoi discepoli, poiché essi sono ipocriti e, sotto l'aspetto di buoni cristiani, sono in realtà ‘lupi rapaci’.

Bo4a, cc. 1ra-1vb

Prophecies de Merlin, versione lunga (PM1)

 

 

Allora gli mostrò quell’uomo: «Taci, Merlino, dice il vescovo, perché egli è uno degli uomini più buoni sulla terra. Ogni giorno si reca in città, in cerca dei malati, e dona loro di tasca sua averi e alimenti, a loro necessari, e dona le sue monete a tutti i poveri che trova in chiesa. – Questo è vero, dice Merlino, ma lo fa a suo vantaggio, e ve ne mostrerò la prova prima che due giorni siano passati» (1). E quando quell’uomo si fu abbastanza a lungo inginocchiato davanti all’altare, allora si levò in piedi e mise mano alla sua borsa e donò le sue monete a tutti i poveri che gli erano intorno. E sappiate per certo che lui ne aveva in grande quantità, tanto che le persone povere vi si erano ben abituate e poi se ne andò davanti al vescovo e gli baciò la mano. E allora il vescovo lo fece fermare e si rivolse a lui per vedere se diceva qualcosa su Merlino. E poiché quell’uomo temeva molto che Merlino dicesse qualche cosa sulla sua malvagità, allora disse al vescovo: «Signore, se vi piace, io donerò una somma per questo bambino, perché vedo chiaramente che è molto povero. – Signore, questo gli risponde il vescovo, egli è molto più ricco di quanto non crediate. È così saggio che non si potrebbe superare la sua sapienza». E allora quell’uomo non poté trattenersi dal direr: «Dimmi Merlino, quando lascerò la vita terrena, ci sarà qualcuno che avrà da domandare qualcosa per i miei figli? – Perché voi lo dite?, fa Merlino. – Io lo dico, fa quello,  perché io non penso a nient’altro, se non a donare il mio tesoro ai poveri. Loro sono invece così malvagi che giocano d’azzardo notte e giorno. – Ah, Dio, dice Merlino, ora che possa piacere al Signore Dio che la vostra vita fosse tale come sono quelle a Lui gradite. Ma il diavolo ha scacciato da voi i santi angeli e vi vuole governare, e vi governerà finché la vostra morte sarà vista dal mondo in diverse maniere. – Dimmi, dice quell’uomo, come morirò? – Tu sarai incatenato, dice Merlino, e sarai affogato nell’acqua e poi sarai arso”» E allora quello cominciò a ridere e disse: «Avverrà così come piacerà a nostro Signore Gesù Cristo». 

«Sappiate certamente, gli dice Merlino, che Nostro Signore Gesù Cristo non si cura di te, perché tu gli stai rubando tutto ciò che gli viene donato, e ti dirò in che modo. Ti si reputa un sant’uomo, al punto che molti uomini ricchi lasciano i loro averi dopo la loro morte perché tu li possa donare per amore di Dio, secondo il tuo giudizio. E tu hai ammassato più di quaranta scrigni di denaro, di quello che doveva essere di Nostro Signore Gesù Cristo, poiché si sa apertamente che il Signore Dio riceve per sé tutte le elemosine che vengono donate ai poveri per amor suo. Ma sappiate chiaramente che Egli non ricevette quello che tu doni, perché Egli sa per certo che tu non doni per amor suo, al contrario, tu doni perché la gente ti reputi un sant’uomo e perché tu divenga amministratore dei loro averi. Infelice, gli uomini e le donne che avrebbero dovuto donare e lasciare i loro averi ai loro parenti poveri, tu li vai ingannando! E loro sono ciechi, perché essi [ti] lasciano da donare secondo il tuo giudizio, e ciononostante la loro fede li salva, e tu, che te ne sei incaricato, li hai dati in custodia ai diavoli, a coloro che ti governano. E se non ti metti in guardia, le pene dell’inferno faranno giustizia della tua anima».

Allora quello abbassò lo sguardo a terra e Merlino guarda e vede innanzi a lui una povera fanciulla, due dame e un uomo. E allora Merlino li chiama tutti con i loro nomi e quelli vengono avanti, e allora parla Merlino e disse: “Malvagio ipocrita, io so apertamente che l’avo di questa fanciulla, quando morì, lasciò in tua custodia, e perché venissero donati ai poveri, quattrocento marchi d’argento, e disse che tu ne disponessi come egli avrebbe fatto. E l’altro ieri venne davanti a te quell’uomo là, con quelle due donne, e condussero quella fanciulla al tuo cospetto, e dissero che un giovane voleva prenderla in moglie e molto ti pregarono perché tu gli rispondessi e gli dessi qualcosa, per amore di Dio, da quel tesoro che il suo avo aveva e che fu di sua proprietà. E tu gli risposi che l’avo non aveva disposto così e che tu avevi rapidamente speso tutto e donato per amore di Dio. Certo, mai spendesti cento marchi d’argento! Ed essi ti dicono che, poiché non hai più niente di quegli averi, che almeno tu donassi loro una delle case dell’avo, e tu risposi che l’avo non lo aveva disposto. Non è forse vero quello che dico?” E lui rispose di sì e che la sua coscienza si era accordata a questo, poiché il suo avo le avrebbe lasciato di buon grado i suoi averi, se egli avesse voluto:

«Infelice, dice Merlino, tu non hai la coscienza pulita, perché se il suo avo fosse in vita, egli l’avrebbe fatta sposare e concessa a quell’uomo di valore. Malvagio ipocrita, tu lo ingannasti con le tue azioni poiché egli ti mettesse al suo posto. Io voglio che gli uni e gli altri sappiano che tu sei uno dei lupi rapaci, sui quali ci ha istruito Nostro Signore Gesù Cristo nel suo Vangelo. Perciò avverrà che, dopo che l’ordine stabilito da San Benedetto avrà ricevuto il colpo, come vi ho già detto prima, laddove vi saranno uomini nel mondo, tutte le terre saranno ricoperte di lupi come tu sei e ancora di peggiori. Ora vattene e fatti confessare e prendi un altro consiglio, se vuoi che la tua anima si salvi. – Non gli credete, signore, per Dio, dice quello, poiché egli è una creatura malvagia». E allora Merlino cominciò a ridere e quell’uomo se ne andò molto vergognoso.

Che cosa vi dirò? Quello aveva nome Argistres. Pensò a come appiccare il fuoco al luogo dove Merlino veniva allattato e a come farlo bruciare là dentro. E così fece come aveva pensato. E allora quando egli appiccò il fuoco, subito la casa fu arsa, ma Merlino fu trovato tutto nudo fra i carboni che giocava con una mela che la sua nutrice gli aveva donato quando se n’era andata [poco prima] al monastero. Che vi dirò? Il fuoco divampò da una casa all’altra, tanto che arrivò sino alla casa di Argistres. E quando egli vide la sua casa presa tra le fiamme, corse ad un pozzo per tirarvi fuori dell’acqua. E quest’acqua veniva attinta da una carrucola dove c’era una grande catena. Allora quando egli prese la catena e la tirò con grande forza, il palo che era fissato cedette e la catena cadde sul suo collo, perciò egli cadde nel pozzo e vi annegò dentro. E allora la sua casa fu tutta arsa e l’acqua del pozzo fu prelevata per essere gettata sul fuoco. E i piccoli bambini della città prendevano i tizzoni ancora ardenti e li gettavano nel pozzo, cosicché Argistres fu anche arso dentro al pozzo, al punto che di lui non fu trovato nulla, se non le sue ossa. E allora vennero al pozzo piccoli e grandi per vedere quella cosa meravigliosa. 

Il vescovo vi giunse e comandò che fosse tirato fuori. E subito gli uomini si adoperarono per estrarre la catena e le ossa, ma né la loro forza né il loro ingegno valsero a qualcosa, per quanta pena e quanto sforzo vi potessero mettere. E quando si accorsero di ciò, lasciarono stare. Ma il vescovo, che era molto saggio, fece cercare nella casa di quell’uomo se avesse qualche tesoro, ma per quanto cercarono, non trovarono una sola moneta. Allora il vescovo se ne andò là dove era Merlino e quando Merlino lo vide arrivare cominciò a ridere e poi disse: «Vescovo, tu non sai trovare il tesoro che l'infelice ipocrita aveva rubato a Gesù Cristo. Torna indietro e fai abbattere il muro sopra il camino: là troverai il grande tesoro». Allora il vescovo torna indietro e fece come Merlino gli aveva spiegato, e trovò quaranta scrigni carichi d’oro e d’argento. E allora li fece portare davanti Merlino e disse: «Saggio bambino, come li devo li spendere? – Ve lo dirò senz'altro, dice Merlino».

«Sappiate per certo che Nostro Signore Gesù Cristo vuol bene che i patrimoni rimangano di erede in erede, salvo la sua parte. Egli vuol bene che vi siano in terra uomini ricchi, salvo che questi lo temano e che gli sia donata la sua parte, quando la domanda, ossia quando i poveri la domandano in vece sua. Fate chiamare i parenti di coloro a cui appartennero questi tesori. […]».

 

(1) Nel testo francese si legge: «prima che due anni siano passati»: la lezione è evidentemente erronea, poiché la rivelazione della vera natura dell'ipocrita Argistres avverrà di lì a qualche giorno, come è raccontato di séguito.

 

 

(c. 1ra) Lor mostra celui home: «Tais te, Merlin, ce dit li evesque, que il est un des buens home dou sicle. Il vet chascun jor par ceste ville, cherchant les malades, et lor done de son avoir et des viandes que mestier lor font, e done ses meailles a toz les povres que il troeve en [e]glise. – E c’est voirs, ce dit Merlin, mes il les fait a son hoés, e si vos en mostrerai la prove anceis que deus anz sont pasez». E quant celui home ot asez estez a ge[n]ouz devant l’autel, il se lieva en estant e mist la main a s’amosniere e dona de ses meallies a trestoz les povres que environ lui estoient. E si sachiez certeinement que il en avoit a grant plantee, que bien l’avoient les povres gens acostumez, e puis s’en ala devant li evesques e li beisa la main. E lors le fist li evesque arester e le mist en parole por veoir se il diroit aucune chose de Merlin. E neporquant il dotoit mult que Merlin ne li deïst aucune chose de sa mauvesié, dont il dist a li evesque: «Sire, se il vost plesoit, ge doneroge la despese a cestui enfes, que ge sai apertement que il est mult povre. – Sire, ce li respont li evesque, il est assez plus riches que vos ne cuidiez. Il est si sage que l’en ne porroit amender sa science». Et lors ne puet tenir celui home que il ne deïst: «Di moi Merlin, quant ge trespasserai dou siecle, avra l’en que demander desor mes enfanz nulle riens? – Por quoi les dites vos?, fait Merlin. – Ge le di, fait celui, por ce que ge ne bee autre chose fors solement a doner mon tresor as povres. Il sont si mauvez que il juent a asarz e nuit e jors. – Ha Deus, ce dit Merlin, or pleüst a Damedeus que vostre vie fust autretels com sont les soes. Mes li hanemis d’enfer en ot chachiez desor vos li saint angres e il vos vet governant, e vos governera tant que vostre mort sera veüe au siecle en diverse mainere. – Di moi, ce dit celui home, coment morirai ge? – Tu (c. 1rb) seras enchaenez, ce dit Merlin, e seras trabuichiez en eive e puis sera ars». E lors comenca celui a rire e dist: «Il avendra esint com il pleira a nostre seignor Jesu Crist».

«Sachiez certeinement, ce li dist Merlin, que Nostre Seignor Jesu Christ ne tient parlement de toi, que tu li vas emblant tot ce que li vient donez, e si te dirai coment. L’en te cuide a un saint home, dont maint riches homes lessent lor avoir aprés la mort de lor que tu le dones por amor de Damledeus, selon ton avis. E tu en as assez amassez plus carant coffres d’arjant de cels que doivent estre de Nostre Seignor Jesu Crist, que l’en sa bien apertement que Dammedeus reçut en soi totes les aumosnes que vien donees as povres por l’amor de lui. Mes sachiez certeinement que il ne reçut pas ce que tu dones, que il sa certeinement que tu ne le dones pas por amor de lui, ainz les dones tu por ce que les gens te teigne a saint home e que tu en soies governeres de lor avoir. Chaitis, les homes e les femes que deüssent lor avoir doner e leissier a ses povres paranz e tu le vas decevant! Et il sont avolglez, que il lessent a doner selonc ton avis, e neporquant lor foiz les sauvent, e tu en es enchargiés que les as donez a garder as enemis d’enfer, a celz que te governe. E se tu n’en t’en prendes garde, les poines d’enfer en fera la jostise desor t’arme».

Lors embroncha celui le chief encontre val a terre e Merlin regarde e voit devant lui une povre pucelle e deus dames et un homme. Et lors les appellent Merlin trestuit por lor noms e cels vienent avant, e lors parole Merlin e dist: «Mauvés ypocrés, ge sai apertement que l’aiol a cele pucelle, quant il morut, lessa en ta guarde e por doner as povres catrecenz mars d’arjant, e dist que tu en feïsses autretant (c. 1va) con il feroit. Et avantiers vint devant toi celui home là, o ce deus femes, e conduistrent celle pucelle devant toi, e distrent que un damoseaus la voloit prandre a fame et mult te prierent que tu li respondis e que li en donasses, por amors Damedeus, de celui tresor que son aiol avoit e que fu de son aiol. E tu li respondis que son aiol ne l’avoit pas comandez e que tu l’avoies trestoz despenduz e donez por amor Damedeus. Certes, onquesmés n’en despandis cenz mars d’arjant! Et il dient que, puis que tu n’avoies point de celui avoir, que tu li en donasses une des ses maison, e tu li respondis que son aiol ne l’avoit ordenez. N’est ce voir que ge vos di?». Et il respondi que oïl et que sa conscience estoit a ce acordez, que son aiol li eüst bien lessiez de son avoir, se il vousist:

«Cheitis, ce dit Merlin, tu n’as bone conscience, que [se] son aiol fust en vie, il l’avroit mariee e donee au preudome. Mauvés ypocrés, tu l’engignas par tes oevres que il te leissa en son leus. Ge veul bien que en e autre le sachent que tu es de loups rapinans, que Nostre Seignor Jesu Crist nos en fait sages en son Evangile. Dont il avendra aprés ce que l’ordre que monseignor Saint Benoit establi avra receüe la colee, ensint com ge vos ai dit ça en ariere, en sera li mondes là ou les cristiens seront, totes les terres covertes d’autretels loups com tu es et encore de piior. Or t’en va e te fa confés e prant autre consoil, se tu en ves sauvés t’arme. – Ne le creez, seignor, por Deu, ce dit celui, que il est mauvese chose». E lors comenca Merlin a rire e celui home s’en ala mult honteus. 

Que vos diroe ge? Celui avoit a nom Argistres. Il porpensa coment il metra li feus ou il venoit noriz et le fera ardoir dedenz. E[n]sint coment il porpensa, si le fist. E lors quant il aluma, maintenant en fu la meison arse, e Merlin fu trovez tot nuz entre les charbons e jouoit au pomet que sa nurice li avoit donez quant ele s’en ala au mostiers. Que vos diroe ge? Li feus sailli d’une mai-(c. 1vb)-son en autre [tant qu’il vint en] la maison de Argistres. Et quant il vit sa maison esprise, il curut a un puis por oster de l’eive et cele eive venoit [ostee] a une roe ou li avoit une grant chaaine. Lors quant il prist la cheeine il la tira de grant vertuz, que li cloz que fichiee l’avoit failli e la chaeine cheï desor le col a celui, dont chaï el puiz que se noia dedenz. E lors fu sa meison tote arse et l’eve de celui puiz fu ostee por giter [desor li feus]. Et les petit enfant de la ville pre[noient] les fust tos allumez e les getoient el p[uis que] esint fu ars [celui dedens] le puiz, que p[uis n]e fu trovez, fors que ses osses. E lors vin[drent au] puiz petit e grant por veoir celle mervoille. 

Li evesque i fu venuz e comanda que il soit ostez hors. Maintenant mistrent les [homes] lor mains por oster la chaeine et les os[ses], mes lor forces ne lor enging ne valurent riens, ne paine de travail que l’en li meïst. E quant li virent ce, il les lesse ester. Mes li evesque que mult estoit sages, fist cerchier en la maison de celui, se il en avoit aucun [tresor, mes] onques n’en puet tant cerchier [que il] trovassent une seule meaile. E [lors s’en vint] li evesque ou que Merlin estoit, e quant Merlin le vit venir il comenca a rire e puis dist: «Evesque, tu ne sas trover le tresor que li cheitis ypocrés avoit emblés a Jesù Crist. Retorne ariere, si fait abatre a la terre li mur desor la chaminee: illec trouveras li grant tresor». Lors retorne li evesque ariere e fist que Merlin li ensegna, e trova caranz coffres chargiez que d’or que d’arjant. E lors le fist aporter devant Merlin e dist: «Sages enfes, coment le doit l’en despendre? – Ge le vos dirai mult bien, ce dit Merlin». 

«Sachiez certeinement que Nostre Seignor Jesu Crist veut mult bien que le treisor remaigne de hoïr en hoïr, sauve sa partie. Il veut mult bien que il soient au siecle de riches homes, sauve tant que il le tie[gnent] de lui e que il li soit donez sa partie quant il le demande [ce est] quant ses po[vres en] demandent en leu [de lui]. Faites en[querre] les parenz de cels [cui li treisor fu]. […]».