La ricezione di Vico e il primo Novecento italiano

«transition»: introduzione

La rivista «transition», fondata nel 1927 a Parigi da Eugène Jolas, pubblicata presso la parigina Shakespeare&CO, si affermò come uno dei principali punti di riferimento del dibattito modernista europeo. In un periodo segnato dalla crisi internazionale della Prima Guerra Mondiale, divenne un laboratorio di sperimentazione linguistica e narrativa, ospitando autori che sfidavano le convenzioni letterarie tradizionali.

Negli anni Venti del Novecento, «transition» si distinse per la pubblicazione di saggi che anticipavano e commentavano il Work in Progress joyciano. Questi articoli non solo accompagnavano i vari capitoli dell’opera, ma fornivano anche strumenti per decifrarne la complessità. In un'epoca in cui lingua e forma narrativa erano messe in discussione, la rivista si rivelò il luogo ideale per approfondire le tecniche innovative di Joyce, in cui Vico giocava un ruolo fondamentale. I frammenti del Work in Progress, pubblicati tra il 1927 e il 1928 insieme ai saggi critici poi confluiti nel volume Our Exagmination Round His Factification for Incamination of Work in Progress (1929), non erano una semplice anticipazione del futuro Finnegans Wake, ma anche un invito a tentare di comprendere un'opera inizialmente criptica, dai princìpi oscuri. Fu in questi articoli che l'opera di Vico venne introdotta come una delle coordinate interpretative fondamentali, fornendo una “chiave-maestra” per comprendere il testo.

Mentre Joyce contribuiva con estratti del suo lavoro in corso, la rivista alimentava un fitto dialogo critico sull'opera in evoluzione su più fronti. Le riflessioni di intellettuali quali Samuel Beckett, Eliot Paul, Thomas McGreevy, lo stesso Jolas e Stuart Gilbert segnarono il desiderio della critica di addentrarsi in una scrittura di difficile accesso, il suo tentativo di captarne la logica di funzionamento. «transition» non si limitò a ospitare saggi critici, ma divenne un punto di incontro per chi militava nella rivoluzione modernista: la sua redazione, arricchita dagli scritti di autori noti e emergenti, contribuì a delineare le linee di pensiero che segnarono l'evoluzione della letteratura del Novecento. La pubblicazione di saggi su Joyce era solo un momento, per quanto rappresentativo e importante, di una più ampia riflessione sulla trasformazione della narrativa, non solo nei contenuti, ma soprattutto nella forma, che veniva condotta sulle sue pagine.

Dunque, specialmente nel biennio 1927-1928, «transition» giocò il ruolo di mediatrice culturale del contesto parigino in cui nacque, caratterizzato da uno straordinario fermento intellettuale. Oltre ad offrire una vetrina per le innovazioni stilistiche di Joyce, fu anche una piattaforma di discussione critica che aiutava i lettori a orientarsi in un orizzonte magmatico e in continuo movimento. I saggi sul Work in Progress rivelavano il legame tra linguaggio e storia, tra innovazione letteraria e filosofia, evidenziando l'impatto che tale opera avrebbe avuto sul panorama letterario.

Se le riviste come «transition» hanno avuto un impatto decisivo sulla letteratura del Novecento, è perché esse non si limitarono a pubblicare scritti, ma diventarono veri e propri spazi di formazione, in grado di influenzare e modellare la percezione di nuove forme di espressione artistica e letteraria.