Merlino e i cavalieri di re Artù: il romanzo delle ‘Prophecies’ all’Archivio di Stato di Bologna

Introduzione alla mostra

«Quando quel chierico vide che quelle profezie non si accordavano del tutto alla sua scienza, cominciò a riflettere e a studiare, tanto che capì senza dubbio che in quella scienza egli non vi poteva trovare nulla delle cose celesti, tranne soltanto il corso del cielo, quello della luna e del sole e delle stelle, e del tempo – di quando doveva cambiare – e del punto dove doveva piovere; ma invece la profezia di Merlino era piuttosto una cosa divina, poiché egli – Merlino – conosceva le cose che dovevano avvenire per mezzo dello Spirito Santo che gliele rivelava dal cielo, mentre quelle che erano compiute di nascosto, egli le sapeva grazie alle doti del diavolo».

Prophecies de Merlin (Livre de Meliadus et du Sage Clerc)

Nel Medioevo, a partire almeno dalla metà del XII secolo, Merlino non era ritenuto soltanto un mago, un ‘incantatore’ capace di manipolare il proprio aspetto e quello degli altri, modificando la realtà e la sua percezione a proprio gradimento, ma soprattutto un sapiente profeta, degno di essere annoverato accanto a Daniele, Isaia, Osea, le Sibille e addirittura san Giovanni Apostolo.

Ma insieme con Artù, Lancillotto, Perceval, Ginevra e il Graal, Merlino è uno anche dei protagonisti della materia di Bretagna, personaggio centrale di molti dei testi che, tra i primi decenni del XII e la fine del XIII secolo, raccontarono quel mondo di sovrani, guerrieri, dame, maghi, fate e cavalieri che affascinò l’Europa medievale, latina e romanza, forgiando un’immaginario che sopravvive ancora oggi nella cultura contemporanea.

Figlio di un demonio, ma graziato dalla provvidenza divina che, con il dono della profezia, lo aveva reso uno strumento della storia della salvezza, Merlino nacque – nelle forme con le quali è celebre ancora oggi – dalla fantasia di Goffredo di Monmouth che ne descrisse la vita nella sua Historia regum Britanniae ('Storia dei rei di Bretagna': Galles, 1135/1140 ca.). Da quel momento in poi, prima in testi latini, poi nei romanzi in volgare francese, il personaggio ha sempre mantenuto il proprio carattere di mago e di profeta, conoscitore delle cose passate e di quellle future.

Su tali caratteristiche è incentrato il romanzo in prosa francese Prophecies de Merlin ('Profezie di Merlino': Italia settentrionale, seconda metà del XIII secolo) che, recependo tradizioni precedenti, si incarica di narrare l’intera ‘attività’ profetica del mago, raccogliendo tutti i vaticini pronunziati in vita (e non solo): un vasto e completo repertorio di racconti e profezie che riguardano non soltanto i personaggi dell’universo arturiano, ma anche e soprattutto sovrani, guerrieri, popoli, città e regni dell’Europa e dell’Italia, dall’antichità classica sino alla fine del XIII secolo.

Le Prophecies de Merlin sono così un singolare romanzo nel quale il pubblico medievale poteva riconoscere sé stesso non soltanto nelle vicende dei cavalieri e delle dame del tempo di Artù, ma anche nelle allusioni alla storia delle proprie città e regioni, riflettendo sulle vicende, spesso dolorose e violente, della più stretta attualità: dalle lotte fra pars Imperii e pars Ecclesie, alle alterne vicende di Federico II e dei suoi eredi, dalle guerre degli Angiò per la conquista del regno di Napoli e di Sicilia, alle spedizioni crociate in Terra Santa, dalle vicende dei pontefici, a quelle degli ordini mendicanti appena fondati.

La mostra virtuale «Merlino e i cavalieri di re Artù: il romanzo delle Prophecies all’Archivio di Stato di Bologna» rende per la prima volta consultabili le riproduzioni digitali dei frammenti del romanzo Prophecies de Merlin conservati presso l’Archivio di Stato di Bologna. Tali frammenti – sopravvissuti poiché reimpiegati come coperte pergamenacee di registri moderni – sono un’importante testimonianza della circolazione del romanzo nell’Italia settentrionale tra la fine del Medioevo e il Rinascimento, ma anche un documento rilevante della produzione in quella stessa area di codici letterari di argomento arturiano in lingua francese: insieme con altri testi, è stata proprio la loro ricezione, in particolare presso la corte estense, a segnare una tappa importante nella storia del romanzo e del genere cavalleresco nella penisola, anche per autori di rilievo come Matteo Maria Boiardo e Ludovico Ariosto.

Il corpus dei frammenti, composto da lacerti di manoscritti pergamenacei databili tutti al XIV secolo, è emerso dai fondi dell’Archivio di Stato in diverse campagne di recupero che si sono succedute dagli anni Cinquanta del secolo scorso sino ad oggi e che hanno portato al rinvenimento di un totale di 12 frammenti che vengono presentati nella mostra virtuale: grazie alla collaborazione fra l’Archivio di Stato di Bologna, l’ADLab. Laboratorio Analogico-Digitale del FICLIT. Dipartimento di Filologia Classica e Italianistica e l’EPM. Équipe Prophecies de Merlin, i frammenti sono stati fotografati ad alta risoluzione e digitalizzati; le riproduzioni sono disponibili secondo gli standard di interfaccia di programmazione IIIF e sono accompagnate da una descrizione codicologica, paleografica e filologica. Corredano le immagini, trascrizioni in antico francese e traduzioni in italiano di alcuni episodi particolarmente interessanti per la comprensione e la valorizzazione del romanzo di cui i frammenti sono latori.

Le pergamene conservate all’Archivio offrono dunque dati preziosi in termini filologici e letterari, ma anche più in generale storico-culturali, poiché testimoniano la vivacità letteraria dell’Italia del Trecento, plurilingue e multiculturale, vorace di libri e di storie che, allora come oggi, aveva in Bologna uno dei suoi principali centri.


Mostra virtuale a cura di Niccolò Gensini con la collaborazione Marta Milazzo pubblicata il 15 ottobre 2024.