Cantieri di Gadda. Il groviglio della totalità

Luoghi

I LUOGHI DELL'INGEGNERE

a cura di Claudio Vela (Milano) e Giorgio Pinotti (Roma).

fotografie di Marco Introini.


Milano, Politecnico - “Kremlino”

«Presso il nuovo politecnico, alla Città degli Studî, sorge un edificio alquanto teatrale, pizzuto e dolomitico, ma soprattutto assai sciocco, popolarmente denominato il Kremlino.»

«L’autore vi venne a visitare un amico che alloggiava al 5° piano: e vi entrò con un certo disagio dello spirito.»

[Pianta di Milano - Decoro dei palazzi, in Le meraviglie d’Italia]

Milano, Politecnico - Rettorato

«Oltre che fondare la Università, egli pensò anche ad un Politecnico nuovo: e subito lo eresse, (raccolti in un battibaleno i milioni), per quanto un po’ fuori di mano e anzi ancora nella distesa de’ prati di Lambrate, dalle insubri cavalle esercitati. (Tram N.° 33.)»

[Nuove battute sul Politecnico vecchio]

Milano, Politecnico - Rettorato - Statua di Giuseppe Colombo

«senatore ingegner Giuseppe Colombo, Gran Cordone dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro: l’immortale autore del manuale Colombo. E Giuseppe Colombo fu maestro a delle generazioni di ingegneri, e uno de’ più autentici pilastri del nòster Politèknik.»

[I ritagli di tempo, in L’Adalgisa]

Milano, Giardini di via Palestro - Monumento a Gaetano Negri

«Gaetano Negri … sindaco emerito del comune di Milano (1884-1889) … morì per accidente: sdrucciolando (dial. lomb.: scarligando) a un mal passo. … Animo eminentemente altruistico, non appena percepito il lubrìco passo, gridò alla moglie e alla figlia che sopravvenivano: «Atenti» (indeclinabile) «che se scarlìga!». Scarligò lui stesso, defunse. Oggi (1943) ricordato da monumento eneo ai Giardini Pubblici di Milano.»

[L’Adalgisa]

Milano, Cimitero Monumentale

«Il cimitero monumentale di Milano si distingue dal cimitero maggiore (detto di Musocco) per il costo e in più casi pel fasto granitico o marmoreo delle edicole, dei sacelli; e delle strutture tombali: su cui, modellazioni e architetture di incalcolabile pregio, almeno quanto a valsente. Tonnellate di bronzo. È il cimitero dei ricchi.»

[Un «concerto» di centoventi professori, in L’Adalgisa]

Milano, Quartiere Operaio della Società Umanitari - via Solari

«E ci fu “l’iniziativa delle case popolari”, costruite secondo un piano decente, con alloggi da una a tre camere: e cadauno il suo proprio cesso, non in sulle scale o sui ballatoî, buono per cento in comune; oh! gioiosa maraviglia d’una latrina secreta, e tutta sua, e non d’altri! col “campanello”, con l’acqua! Evidentemente la città s’avviava a divenire metropoli.»

[La meccanica]

«Il conformismo alla ritualistica milanese-borghese è una e forse la preminente causa dell’aver io messo tra me e i noiosissimi e talora ultrasomari conformisti i 632 km. che separano milano centrale dal dinosauro, cioè dalla stazione roma termini» (20 dicembre 1961; lettera inedita ad Anita Fornasini)

Via Merulana

«La mattina dopo i giornali diedero notizia del fatto. Era venerdì. Li cronisti e il telefono aveveno rotto l’anima tutta la sera: tanto a via Merulana che giù, a Sante Stefene. Sicché, la mattina, un subisso. “Orribile delitto a via Merulana,” gridavano li strilloni, co li pacchi fra li ginocchi de la gente: fino all’undici e tre quarti. Nella cronaca, dentro, un titolo in neretto su due colonne: ma, poi, sobrio e alquanto distaccato il referto: una colonninaasciutta asciutta, dieci righe ne la svolta, “le indagini proseguono attivissime”: e quarc’artra parola pe contentino: di pretta marca neo-italica».

«I platani e i rami della Merulana furon selva, allo svoltare, intrico, per lo sguardo, sul discendere parallelo dei fili, di cui si alimentavano i tramme: ancora scheletriti nel marzo, con di già un languore in pelle in pelle, tuttavia, na specie de prurito per entro la chiarità lieta e stradale della lor córtica, fatta di scaglie e di pezze: corame secco, vacchetta bianca, argento: la sottoveste color buccia di pisello tenero, tra il via vai della gente, l’andirivieni dei carri, de le biciclette».

[Pasticciaccio, 1957]

Basilica di Santa Maria Maggiore

«A largo Brancaccio, mentre che staveno svortando in via Merulana verso piazza San Giovanni,

Ingravallo si volse, cupo, alla sua sinistra: calò il vetro, Santa Maria Maggiore, dai tre fornici oscuri della loggia sopra il nartèce pareva seguire, con l’afflato della carità di sua plebe, una bara che le fosse uscita dai visceri. Enunciazione disegnata ed estrutta ad arte sulla sommità di quello che doveva essere stato nei lontani secoli il “monte”, il Viminale, l’architettura secentesca della basilica, come d’una dimora fastosa del pensiero, aveva sue radici nell’ombra, nella oscurità della diritta via discendente e nell’intrico di tutti i rami: un accenno, il campanile a cuspide, al di là del groviglio dei rami e delle alberature che la fiancheggiavano. Ma sul mattone di quel torroncello romanico si apprestava il cielo agli addobbi».

[Pasticciaccio, 1957]

Basilica e Complesso dei Santi Quattro Coronati

«Le visite e le implorazioni della Balducci, ai Santi Quattro, a certe stagioni liete nel cielo, o men tristi, erano si poteva dire cotidiane. Tanto al confessionale che all’altare de la Madonna: oppure in canonica, lungo li portici, torno torno il “bel chiostro der tredicesimo secolo”. Il cielo quadrato era tutto luce, come da eterna presenza dei confessori, dei quattro: uno per lato. La povera anima domandava un aiuto alla sua pena: la dolce parola della speranza, la misericorde parola della carità. Fede ne aveva lei più di tutti».

[Pasticciaccio, 1957]

Piazza di Sant’Agostino-via delle Coppelle-piazza di Pietra

« ... un chiericone del catasto di quelli neri neri, che annidano di preferenza tra San Luigi de’ Francesi e la Minerva. Impercepiti dal passante distratto e da quello che va de prescia, a ora d’agio, un piede appresso l’altro, sogliono deambulare le loro dilette stradicce, dall’arco de Sant’Agostino e da la Scrofa, pe via de le Coppelle o pel Pozzo de le Cornacchie, fin su, a Santa Maria in Aquiro. Alle rare occasioni si avventurano chiane chiane per via Colonna o s’inoltrano agorafobici su li serci de piazza de Pietra, non senza disdegnare la fojetta, e la pizza snobistica

der napoletano: e poi pe quer budello de via de Pietra arriveno magari a sfociar sul Corso, ma sabato grasso ha da essere, dirimpetto all’Enciclopedia Treccani, ai più invitanti orologi del gioielliere Catellani.

[Pasticciaccio, 1957]

Piazza di Santa Chiara-Pantheon-via della Palombella

«Di quaresima, luttuosi e boffici, si contentano lungheggiar Santa Chiara, sotto ai due globi de’ due alberghi, fino all’elefante e al suo gentile obelisco, e alle vetrine dei rosari e delle madonne: passo passo: oppure, passo passo, riscendono: schivata per un pelo una bicicletta, imboccheno la Palommella e sfioreno er dedietro ar Panteone,già oramai però sulla via del ritorno, e come un po’ delusi del crepuscolo».

[Pasticciaccio, 1957]

Piazza del Collegio Romano

«Erano dunque le undici. Il dottor Ingravallo stava per salire sul tram, all’angolo di via D’Azeglio. Le poche macchine a disposizione della polizia vagavano raminghe pel septimonzio, o impegnate a foro o a terrazza, o ar Pincio o ar Giannicolo, così: magari pe portacce a spasso queli signori, dell’era dell’egira, l’arti papaveri de la fezzeria: o se faceveno una pennichella, ar Colleggio Romano, come tanti strucchioni de piazza, però pronte pe daje er giro puro a loro, nun se sa mai».

[Pasticciaccio, 1957]

Via di Santo Stefano del Cacco

«Viuzza sghemba rispetto al Collegio Romano, lambisce da dietro gli edifici un po’ catapecchiosi della Questura Centrale che ne introita i casi suoi mediante uscioli di secondo rango. L’ingresso d’onore a piazza del Collegio Romano» (nota della redazione di «Lettratura»)

«Domenica 20, nella mattinata, ulteriori indicazioni del Balducci ai due funzionari: poi al dottor Fumi, solo, allorché don Ciccio, verso la mezza, fu tirato a “occuparsi d’altro, preferì “uscire un momento”. In verità, “d’altre pratiche” non ne mancava, sul tavolo. Ché, anzi, il tavolo ne rigurgitava agli scaffali, e questi agli archivi: e gente che saliva e che scegneva, e che aspettava de fora: e chi fumava, chi buttava la sigheretta, chi scatarrava su li muri. Tutto greve e fumoso, il gentile clima del Cacco, in un odorino sincretico un po’ come de caserma o de loggione der teatro Jovinelli: tra d’ascelle e de piedi, e d’altri effluvi ed olezzi più o meno marzolini, ch’era una delizia annasalli. Di “pratiche” ce n’era da gavazzarci, da nuotarci dentro: e gente in anticamera! Madonna! più che ai piedi de la gran torre de Babele».

[Pasticciaccio, 1957]

Via di San Paolo della Croce-Santa Maria in Domnica-Via della Navicella-Villa Celimontana-Via Santo Stefano Rotondo

Na bugiarda, che s’impegolava nelle su’ bugie. La “strada de campagna” si riuscì a scoprire che doveva essere una strada (in quegli anni tuttavia romita e campestre) del Celio, fra silenti pini ad umbrello e campi di carciofi e qualche stalla, e diruti muri e un archivolto o due, camminata, al cader della notte, dai passi meravigliosi della solitudine, così cara agli amanti: forse via di San Paolo della Croce, con più probabilità via della Navicella o di Santo Stefano Rotondo. L’archivolto era quello di San Paolo, se non l’arco di villa Celimontana a lato Santa Maria in Dòmnica. La ritonna... “dove manco ce stanno più li preti”, non era, non poteva essere er Tempio d’Agrippa, dove i segugi s’erano riportati col pensiero, subito escludendolo dato che non sorge “in campagna”. Era invece Santo Stefano Rotondo, precluso al culto, a quegli anni, in ragione di certi lavori di riprìstino».

[Pasticciaccio, 1957]

Piazza Vittorio

Dopo la cantata larga e, più, dopo l’aria di chiusura della Ines, circa la benedizzione che la campana di Santa Maria Maggiore avea largito al furtarello di Ascanio, “sto pupo me lo vedo io domatina,” s’era detto il Biondone: e avea liberato all’uscita quelo sbadigliaccio che gli si aggirava pe la gola da du ore, come un leone in gabbia, e subbito subbito vi avea posto riparo con la mano, dacché il dottor Fumi gli si rivolse: “chisto guaglione ci hai penzà tu. Fatte na passeggiata a l’Esquilino, e poi a via Carlo Alberto, vacce un po’ tu, che di sicuro a piazza Vittorio ’o pizzichi, là, doppo chilli faraglioni che ce stanno.” Ingravallo aveva assentito, cupo: ci sarebbe ito lui, se non avesse avuto di meglio: e di meglio aveva: “L’hai da pescà senza meno. La ragazza è stata esplicita.”»

[Pasticciaccio, 1957]

Borgo Pio, piazza Rusticucci (ora piazza Papa Pio XII)

«Lunghe teorie di nerovestite, affittato er velo nero da cerimonia a Borgo Pio, a Piazza Rusticucci, a Borgo Vecchio, si attruppavano sotto ar colonnato, basivano a Porta Angelica, e poi traverso li cancelli de Sant’Anna, p’annà a riceve la benedizzione apostolica da Papa Ratti,

un milanese de semenza bona de Saronno de quelli tosti, che fabbricava li palazzi. In attesa de venì finarmente incolonnate loro pure: e introdotte dopo quaranta rampe de scale in sala der trono, dar gran Papa alpinista. Pe dì che l’Urbe incarnava omai senza er minimo dubbio la città de li sette candelabri de le sette virtù: quella che avevano auspicata lungo folti millenni tutti i suoi poeti e tutti gli inquisitori, i moralisti e gli utopici, Cola appeso. (Grascio era.)»

[Pasticciaccio, 1957]


GADDAMAP

GaddaMap è un progetto nato dalla collaborazione tra l’Università di Bologna, il Centro Studi Gadda e il Politecnico di Milano in occasione della mostra "Cantieri di Gadda". Il progetto, coordinato da Paola Italia e realizzato da Alessia Vezzoni e Matilde Passafaro, rappresenta, in una mappa della Vieux Milan e della Milano attuale, i luoghi menzionati nell'Adalgisa, nelle Pagine di divulgazione tecnica, e nelle Lettere, accompagnando il visitatore,  via dopo via, sito dopo sito, in un viaggio letterario nella Milano gaddiana.