Il Segno di Ariosto. Autografi e carte ariostesche nell'Archivio di Stato di Modena.
Familiare e ambasciatore degli Este
[1] Usura, carestia e timori di attacchi
Ippolito si trova a Padova per la guerra contro Venezia accanto ai collegati di Cambrai. La lettera del ‘familiare’ Ariosto lo informa sugli avvenimenti e il clima politico ferrarese, perché non venga accusato dal suo signore di negligenza. Ariosto riferisce del fallimento di un certo Beniamin Hebreo da Riva, che aveva avuto un prestito ad usura da altri ebrei forestieri (la pratica dell’usura era particolarmente praticata dagli ebrei nella Ferrara del Rinascimento). Nella seconda parte della lettera si dà conto del raccolto di vino e di frumento e del timore di molti abitanti di Adria. Vedendo crescere il livello delle acque del Po, questi temono un attacco dei veneziani e per questo motivo si preparano a riparare a Ferrara.
[3] Comandanti per le truppe pontificie
Il 15 dicembre il conte della Mirandola, Ludovico Pico, viene decapitato da una palla di cannone veneziana e ora Ippolito ne caldeggia la sostituzione con Giovanni Paolo Baglioni. Tuttavia, Ariosto informa il cardinale che il pontefice, pur avendo ricevuto la candidatura del signore di Pesaro Giovanni Sforza, si è risolto poi per una nomina di suo gradimento, quella di Ottaviano Fregoso.
Ariosto ha tuttavia sentito dire a Roma dal conte Ludovico di Canossa che il pontefice non era contento dei servigi del neoeletto capitano (tanto Ludovico di Canossa che Ottaviano Fregoso compariranno nel Cortegiano del Castiglione).
«Dopo ch’io mi <partii> da Ferrara, è sempre piovuto il dì e la notte, e di qu<a tutti> li fiumi sono in su le ripe, sì che è molto pericoloso l’<andar in> camino. Per questo V.S. me haverà per excuso s’io se<rò un poco> tardo al ritorno, ch’io ritornarei mal volonteri n<e li pericoli> de affogarmi c’ho scórsi al venire in qua. Hoggi è a<rrivata la> nova che V.S. insieme col Duca ha rotta l’arma<ta veneta in Po>, de che a mio iudicio tutta questa Corte se è ralegr<ata; et il Signor carle Regino nel sortire da Sua Santità> trovò a caso ch’l Cornaro disc<riveva il fatto in ogni partic>ularità. Me ne sono alegrato, ché oltra l’util pu<blico la mia Musa ha>verà historia da dipingere nel padiglione del mio <Ruggiero a nova la>ude de V.S. [Il padiglione che ospiterà Ruggerò e Bradamante in Furioso XLVI 97]; alla quale mi raccomando».
[4] Rapporti a Ippolito
Ippolito è a Parma, appena scomunicato da Giulio II per aver mantenuto l’alleanza con Luigi XII. Dopo tre missioni diplomatiche a Roma, Ariosto si trasferisce a Reggio assediata dalle truppe ispano-pontificie e da lì scrive al cardinale i resoconti degli avvenimenti. Il ‘servitor fidelis’ si trova nella zona fortificata di Reggio a colloquio col capitano Ettore Sacrati quando viene avvisato da Lorenzo de’ Pasti, familiare del cardinale, della presenza di una spia che lo informa delle mosse dell’esercito ispano-pontificio.
[5]Le trattative con Alberto Pio di Carpi
Ariosto tenta di condurre alla causa degli Este Alberto Pio di Carpi, suo condiscepolo alla scuola di Gregorio da Spoleto. La trattativa, cominciata durante il soggiorno romano di Ariosto, viene qui ripresa anche con l’intento di ottenere man forte di fronte agli attacchi dell’esercito pontificio sulle strade di San Martino e di Correggio che portano a Carpi. Ariosto ricorre qui a strategie comunicative estremamente caute e prudenti nell’eventualità (sempre da tenere in conto ai tempi) che le lettere indirizzate a Ippolito non finiscano in mani nemiche. Si noti l’uso tecnico del linguaggio militare, come ad esempio il termine stradiotti che indica i cavalleggeri dell’esercito pontificio.
[7] Le necessità della guerra
Ariosto chiede al Cardinale aiuto per provvedere ai bisogni di approvvigionamento dell’esercito francese, spesso costretto ad angariare gli abitanti dei paesi vicini. Era infatti difficile trovare persone del luogo disposte ad approvvigionare i soldati in campo perché spesso venivano mal pagate o vessate. Necessitavano dunque rifornimenti di pane, di vino, di carne (beccari), di grano (spelte) e persone che scavassero trincee. Si noti la richiesta al Cardinale perché preghi Zan Boiardo (cugino dell’autore dell’Innamoramento de Orlando) di far condurre del vino in campo, per esserne nel suo paese «gran quantitade e proximi al campo». Di grande interesse l’informazione che si ricava dal finale della lettera sulla diserzione di 500 soldati spagnoli passati dalla parte degli Este.