Il Segno di Ariosto. Autografi e carte ariostesche nell'Archivio di Stato di Modena.

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20. Lettera di Ludovico Ariosto ad Alfonso I d'Este. Castelnuovo, 13 luglio 1523.

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20. Lettera di Ludovico Ariosto ad Alfonso I d'Este. Castelnuovo, 13 luglio 1523.

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ASMo, Archivio segreto estense, Cancelleria, Archivio per materie, Letterati, b.3, fasc. 29. Edizione Angelo Stella 1984 n. 99.

«Illustrissimo et excellentissimo Domino domino meo singularissimo D. duci Ferrariae.
Illustrissimo et excellentissimo Signor mio. Molte diferentie di confine mi dànno grandissimo travaglio, c’havemo con fiorentini da un canto e con luchesi da l’altro. Tutto il dì fanno ripresaglia hor d’homini hor di bestiami: questi homini si dolgono e vorebbono fare il simile contra di loro; io per ubidir vostra excellentia li tengo repressi, hor con admonitioni hor con minaccie, perché non usino la violentia: ma questo nostro troppo rispetto fa li adversarij più ogn’hora insolenti et arroganti, ché quello che noi facemo per bontade e desiderio di vivere in pace, essi extimano che sia per viltade, et ogni dì si fanno più inanzi e trattano li subditi di vostra excellentia come fussino lor schiavi. A’ di passati mi dolsi de’ Signori luchesi c’havevano ritenuto uno da le Fabriche, per 15 lire che volevano e vogliano che li homini da le Fabriche paghino l’anno per cìlta alli loro homini di Gelo, facendo lor fondamento ne le confine che già mastro Pier Anton Mercatello pose tra il tenitoro di vostra excellentia et il loro. Io n’ho scritto a vostra excellentia e mandatoli alcune copie, ma nel tempo ch’ella si è ritrovata essere fuor di Ferrara: dal Signore Don Hercole mi fu risposto che alla tornata di vostra excellentia sarei Instrutto di quanto circa questo io havessi a fare, e così ne aspetto risposta. In questo mezo ho pregato li Signori luchesi che lascino quel huomo da le Fabriche che havevan prigione, finché vostra excellentia sia ritornata e m’habbia avisato del suo parere circa ciò, e così son stati contenti di relassarlo con promessa di ritornare in capo d’un mese ne le lor forze: mi è parso di darne per questa un poco di ricordo, acciò che quella non credessi che la cosa non fossi di molta importantia. Ma questa cosa, anchora che molto importi, non importa quanto un’ altra diferentia che è fra li homini de la Capella, del Capitaneato di Pietrasanta, e li nostri de Vagli di sopra. Il Commune de la Capella ha fatto represaglia de una gran quantità di bestie grosse ritrovate pascere in un luogo confinale fra essi e li nostri di Vagli, e secondo l’instrumento che li homini di Vagli m’hanno exhibito, e secondo che anchora in fatti ho mandato a vedere, son certo che tal bestiame è stato tolto su quello che è di nostra iurisditione, e non de la loro. Io n’ho scritto al capitano di Pietrasanta, e dolutomi che non faccia observare quello che per lo instrumento pare che già gran tempo fosse stabilito: esso mi scrisse indrieto che ad un certo dì constituito io mi ritrovassi sul loco, a vedere le ragioni d’una parte e de l’altra, e che intanto voleva ritenere le bestie, acciò che, ritrovandosi li nostri homini haver passato su le confine e lochi loro, ne fussino puniti; et appresso mi scrisse ch’io andassi con poche persone, che esso farebbe il simile, per fuggire li tumulti e li scandali. Io, quantunque mai volentieri mi trovassi a questa disputa, conoscendo che questo Capitano di Pietrasanta è Doctore et era per menar seco dottori e notari, di che intendo in quel luogho esserne copia, et io non havevo chi menar meco, perché il capitano de la Ragione non ci voleva venire, per essere via di più di 15 miglia, la più aspra che sia in questo paese, et è impossibile che possa farsi a cavallo, et esso, per essere huomo grave, non può né vuole andare a piedi, né altro dottore è in tutta Grafagnana, se non m. Achile, che gravissimamente è amalato: pur mi disposi di andare; e così una domenica, circa a 20 hore, mi mossi per ire quella sera ad albergare a Vagli, e ritrovarmi il luni, che era il giorno constituito, sul luogo, il quale è alla summità di Petrapania. Fosse naturale accidente, o fosse volontà di Dio, a quell’hora si levò il più horribil tempo che fosse già dieci anni in questo paese, sì che le fulmini amazzaro quel giorno homini e bestie, e fu la maggior pioggia e la più lunga che da questi tempi fosse mai: durò senza intermissione tutto il giorno e gran pezzo de la notte. L’altro dì, quando il tempo cominciò ad rischiararsi, e ch’io mi vòlsi movere, mi venne un messo che’l capitano dì Pietrasanta era stato sul luogo, il che poté fare agevolmente per esservi molto vicino, et intendo che da quel canto non era stato alcun mal tempo; né, anchora che fossi stato buon tempo, ci vorei essere ito, perché intendo che, contra l’ordine dato, vi era venuto con forse ducento persone armate, e vi haveva appresso cento schoppitieri, et havea mostrato di venire più per combattere et ottenere per forza, che per vedere di equità. Io sùbito gli mandai un messo ch’era de li homini di Vagli con la inclusa lettera, e come vostra excellentia potrà vedere lo pregavo che restituissi queste bestie: esso non si è degnato di darmi altra risposta, anzi, per mostrare più superbia, mi ha rimandata la mia lettera indrieto, e detto al messo che non vole restituire le bestie, anzi che gl’incresce che ne restituisse una parte a’ dì passati a’ miei preghi. A questa cosa io non so pigliare rimedio, perché anchora ch’io fosse ito o di nuovo andassi sul luogo, so che questo fiorentino e con le sue leggi e più con la forza vorebbe vincere; e più presto la mia andata sarebbe a preiudicio che a profitto del Stato di vostra excellentia. Questo paese, che questi di Pietrasanta vorebbono occupare, non è da lasciar perdere così pianamente, perché va a confinare col stato de la Marchesa di Massa, e per quella via potemo noi condure sali et altre robe di tutta quella spiaggia; che se fiorentini l’usurpassino, vi porrebbono la gabella, con grandissimo detrimento di questo paese. L’huomo che sarà portatore di questa suplirà a bocca dove io mancassi nel scrivere, perché credo che ne sarà informatissimo. Bisognerà, a mio giudicio, che se si havremo a condurre su queste confine, che l’una parte e l’altra vi vada con quella gente sola che sia atta a iudicare di tal lite, perché, per l’odio che è tra li nostri di Vagli e li homini de la Capella e di Pietrasanta, si potrebbe attaccare una scaramuzza di mala sorte: e dovendo vostra excellentia mandarvi, io non sarò buono, salvo se vostra excellentia non mi desse compagnia di dottore e persona bene instrutta. Ma saria forse meglio che la causa fosse commessa o a Lucca o a Sarzana, sì che, senza andare quelli che sono parte sul locho, si giudicasse per la iustitia; ché la lite mi par che stia in prove di testimonij: qual sia quel luogo che nomina lo instrumento Aquaruolo, e quali sieno quelli che si chiamano le pascoli d’Arni. Pur vostra excellentia farà il suo parere: in buona gratia de la quale mi raccomando.
Castelnovi, 13 Iulij 1523. Servitor Ludovicus Ariostus.»


Date

13-07-1523