Il Segno di Ariosto. Autografi e carte ariostesche nell'Archivio di Stato di Modena.

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2. Lettera di Ludovico Ariosto ad Ippolito d'Este. Ferrara, 22 ottobre 1509.

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2. Lettera di Ludovico Ariosto ad Ippolito d'Este. Ferrara, 22 ottobre 1509.

Description

«Illustrissimo et Reverendissimo domino meo observandissimo Domini Cardinali Estensi etc..
Illustrissimo Signor mio. Luni passato, per una facenda de un mio cognato, andai a Nonantula, dove visitai il Reverendissimo Caesarino, dicendogli ch’io ero venuto a far reverentia a sua Signoria, perché me rendevo certo che se Vostra Signoria si fusse ritrovata a Ferrara haveria mandato in ogni modo alcuno de’ suoi a far tal effetto, e che, risapendo poi che ritrovandomi io in loco dove l’havesse possuto fare e fussi mancato, ne haverei da Vostra Signoria hauto riprensione. Il Cardinale prefato mi fece gratissima accoglienza e careze assai per amore de Vostra Signoria, e poi mi disse havere a’ dì passati mandato un suo sescalco per visitare in campo Vostra Signoria, e che dopo la partita de quello mai non ne havea inteso novella, e ne dubitava molto; e mi pregò ch’io ne scrivessi a Vostra Signoria, e ch’io intendessi se quella ne sapeva cosa alcuna. Apresso mi disse de un levorero, che haveva inteso ch’el Mastro da stalla de Vostra Signoria havea, bellissimo, mostrando nel dir suo havere desiderio de haverlo; io gli feci intendere che uno del prefato Mastro da stalla havea Vostra Signoria a’ dì passati donato ad un Spagnolo, e dubitavo che fusse quello che era stato a Sua Signoria laudato, perché altro cane non sapea che fusse del Mastro da stalla de quella belleza. Egli vide, stando io lì, una mia bracca, ch’io havea molto cara per la sua belleza, perché io la volea da heredi, e mi la domandò in dono; io non gli la seppi negare, benché me ne dole anchora. Sabato si partì per andare a Roma, e mi lasciò in commissione ch’io lo racomandassi a Vostra Signoria Illustrissima, come a suo patrone, con mille parole humane e de servitù, che serìa longo a scrivere. La diferentia c’havea con li homini de Nonantula che erano decaduti ha comessa a Messer Teodosio Brugia, il quale, essendo io lì, l’ha come adaptata, che quelli homini rehaverano le loro investiture, pagando singulatim chi assai chi poco, secondo le facultà et il tempo de le decadute loro: e credo, secondo il principio c’ho visto, ch’el Cardinale ne trarrà parecchie centanara de ducati. Venuto in questa terra, ho trovato dui siciliani che hanno hauto campo dal Duca per combattere. Un Marino da la Maitina ha chiamato un Francesco Salamone per provarli de certa causa matrimoniale, de che credo che Vostra Signoria sia informata: quando io credesse che Vostra Signoria non la sapesse, me ne informarei meglio, e pienamente le ne darei aviso. Veneri proximo se dice che combatteranno, se serano d’acordo; ma sino adesso sono in discordia. E questo è che quel Marino ha scritto volere provare a quel Francesco quattro cose: l’una che una certa sua nipote o figliastra è moglie de questo Francesco: alla quale Francesco risponde che questo, che la ragione civile o sia canonica pò decidere, non vole ponere in fortuna de arme; all’altre tre se attacca, che una è che Marino dice che esso pose questo Francesco a dormire con la prefata sua nipote, l’altra che questo Francesco ha malmessi e dilapidati li beni de la prefata, la tercia che questo Francesco non harà ardire de venire in campo, perché è codardo, e che è un giudeo. A queste tre querele risponde Francesco che Marino mente; ma questo Marino par che si attenga alla prima, per la quale Francesco non vol combattere. Questo è quanto sino a questa sera è successo de questa cosa: così Hercole, il quale fa compagnia a quel Francesco, me ha detto. De questa cosa che a Ferrara ho trovato de novo, se non fusse per darne a Vostra Signoria aviso, harei poco pensero, verso un’altra che mi dispiace assai : perché tutto hoggi se è andato per li massari in volta, facendosi comandamento alli citadini che, in termine de dui dì, ognuno habbia portato al tesorero del commune li denari che li toccano de la còlta imposta novamente per il Duca: come se tutti fussimo bancheri, che havessimo denari in cassa. E tutto il populo, dal magiore al minore, dice male e peggio; et io ho odito dire da alcuno che se vostra signoria fusse in questa terra non seriano queste cose, e che, poi che quella ha adaptatti li fatti del Duca col Re de Francia e con l’imperatore, serìa necessario ancho che tornasse a Ferrara per adaptare le cose del popolo col Duca. Oltra questa còlta, è stata imposta sopra li feudetarij un’altra graveza, che è circa il quarto de la intrata. Io chiamo feudetarij tutti quelli che riconoscono roba da la casa da Este; ma questa non apertene a me, perché non ho roba de tal sorte: ma s’io ne havesse, non mi gravaria già a pagare. Nanti ch’io andassi a Nonantula, un dì vidi un tumulto de contadini, che si lamentavano a Messer Antonio de’ Costabili de’ infiniti lavoreri che ogni dì multiplicavano, e minacciavano de fugirsi de ferrarese; et odì’ un nodaro d’arzeni che attestava che de la sua guardia n’erano già fugite tre o quattro famiglie. Per Ferrara si ragiona, ma nol dico già ch’io lo sappia certo, pur si dice publicamente che a questo Natale Messer Antonio serà casso del iudicato de’ Savij, et in suo loco andarà Benedetto Brugia: quelli che credono che tal cosa habbia a succedere extimano da lungi a che effetto serà fatta. Io scrivo cose de fastidio a Vostra Signoria, perché non ho d’apiacere: alla quale humiliter mi racomando
Ferrariae, 22 octobris MDIX.
Illustrissimae et Reverendissime Dominationis Vestrae
Servitor fidelis Ludovicus Ariostus.»
ed. Angelo Stella 1984 n. 4.

Date

22-10-1509